È proseguita anche nel fine settimana l’escalation di uccisioni di leader sociali in varie zone della Colombia. Sabato a Guacarí (dipartimento della Valle del Cauca) è stato assassinato Fernando Gómez, leader dell’Associazione mista indigena e campesina Asomic. Un episodio che ha suscitato viva impressione, anche per la stima e il rispetto che Gómez godeva nella popolazione, in una zona caratterizzata dalla presenza di bande criminali e narcotrafficanti. Altri tre leader sociali sono invece stati uccisi venerdì scorso, in diverse zone del Paese: a Ituango, in Antioquia, a Chaparral nel Tolima e a Cartagena del Chairá, nel dipartimento del Caquetá. Anche in questi casi le persone uccise erano impegnate in associazioni campesine e lottavano per la restituzione delle terre. Altri tre leader sociali erano invece stati uccisi all’inizio della scorsa settimana. I dati ufficiali delle autorità giudiziarie parlano di 30 leader sociali già uccisi nel 2018 e di 178 a partire dal 2016, ma secondo la “Defensoría del pueblo” dal 2016 le uccisioni sono state 311, circa un centinaio dall’inizio dell’anno. Venerdì scorso manifestazioni in difesa dei leader sociali sono state tenute in tutto il Paese.
Di fronte a questo lento ma costante massacro, la Conferenza episcopale colombiana ha espresso tutta la sua preoccupazione venerdì scorso, nel messaggio finale dell’Assemblea plenaria: “Manifestiamo nuovamente la nostra profonda costernazione per le uccisioni di nostri fratelli e sorelle negli ultimi giorni; ci uniamo al dolore delle loro famiglie. Ogni vita è sacra e ogni morte violenta è inaccettabile”. I vescovi rivolgono “un appello alla società colombiana a mantenere la stabilità dei territori regionali e della democrazia e a continuare ad avanzare per strade che garantiscono la vita, la libertà e la giustizia. Chiediamo alle autorità di innalzare i livelli di protezione e i meccanismi stabiliti dalla legge per garantire l’incolumità di coloro che subiscono minacce”.
Più in generale, sul cammino di pace la Conferenza episcopale colombiana evidenzia che “la pace è un bene che merita tutti i nostri sforzi. Nessun colombiano può sottrarsi a partecipare perché vengano superati i problemi e le situazioni di conflitto ancora esistenti nel Paese”. Perciò, “invitiamo a non lasciare a metà del cammino lo sforzo che il Paese ha fatto per la pace e la riconciliazione”, un cammino che “richiede nuovi apporti e nuovi orizzonti, però soprattutto il coraggio e l’impegno di tutti perché finalmente la pace sia una realtà”. Nel messaggio i vescovi colombiani chiedono anche al nuovo presidente Iván Duque di essere garante dell’unità del Paese e di promuovere, insieme a tutti i partiti e ai gruppi sociali, tale obiettivo. Altro grande obiettivo per la Colombia dev’essere la lotta alla corruzione, visto come un vero e proprio “flagello” che “incrementa l’iniquità, l’illegalità, il narcotraffico, la povertà e varie forme di violenza”.