Bruno Desidera

Per gli angeli, si sa, i muri non esistono. Neppure se si è angeli in carne e ossa, come quelli che da oltre trent’anni operano alla frontiera più calda del mondo, quella tra Stati Uniti e Messico. Si chiama proprio “Border Angels”, in spagnolo “Angeles de la Frontera” l’organizzazione non profit fondata a San Diego da Enrique Morones, attivista di origini messicane, nato negli Usa ma con entrambe le cittadinanze. Mai come in questi mesi c’è bisogno di angeli, lungo la frontiera; muri già esistenti, muri da costruire, le immagini dei figli dei migranti separati dai loro genitori, respingimenti crescenti. “E’ vero, in tutti questi anni un momento così non lo avevamo mai vissuto”, dice Enrique Morones, al telefono da San Diego.

La separazione che ha indignato il mondo. E l’estate più buia per i migranti, colpiti dalla politica di tolleranza zero, non accenna a finire. Il decreto attraverso il quale si sospendeva la separazione tra i migranti arrestati per aver attraversato il confine e i loro figli è ancora ben lungi dall’essere rispettato, nonostante il primo termine per attuare i ricongiungimenti fosse quello del 26 luglio. È della prima settimana di agosto la notizia che oltre 500 migranti che erano stati separati al confine hanno deciso di avviare uno sciopero della fame (per gli adulti) e della partecipazione alle attività scolastiche (per o minori). Morones conferma il fatto che poco è cambiato dopo la marcia indietro di Trump sulla separazione dei genitori dai figli: “Molti genitori sono costretti a tornare indietro, l’ordine esecutivo delle settimane scorse non ha avuto molti effetti. E’ un disastro, un crimine contro l’umanità e il mondo lo deve sapere!”.

Una storia iniziata nel 1986, prima del Muro. Il fondatore dell’organizzazione racconta la storia degli “Angeli della frontiera”, nata nel lontano 1986: “Abbiamo iniziato a operare nelle baracche di San Diego e a portare acqua nel deserto ai migranti esausti per il cammino, quest’ultimo è il servizio per il quale siamo diventati famosi. All’epoca tra San Diego e Tijuana non c’era ancora il muro che è stato costruito nel 1994”. Oggi i “Border Angels” sono una realtà consolidata:

“Abbiamo volontari in tutto il mondo, circa 5mila, siamo operativi in varie situazioni e in particolare sia alla frontiera tra Stati Uniti e Messico che alla frontiera tra Messico e Guatemala. A Tijuana abbiamo un centro d’accoglienza, che ospita 32 persone. Offre un pasto caldo, protezione, coperte per i bambini”.

Positivi anche i rapporti con le diocesi di San Diego e Tijuana, mentre Morones è particolarmente critico con “gli evangelici” e i cristiani in genere che “hanno appoggiato Trump”.

Molti restano in Messico. Nelle ultime settimana, pur di fronte a una realtà migratoria più limitata, soprattutto lungo il confine californiano, Morones e la sua organizzazione hanno dovuto fare fronte all’emergenza dei bambini separati dai genitori. E all’aiuto si è affiancata, con maggiore forza, la denuncia e la richiesta di un cambiamento di legislazione. “Negli ultimi vent’anni 8mila persone sono morte cercando di attraversare la frontiera e negli ultimi mesi il fenomeno si è intensificato. Oggi però cercano di entrare negli Usa per il Texas, tra San Diego e Tijuana la situazione è al momento più tranquilla, il flusso è molto calato.

I migranti hanno paura, sono tanti coloro che preferiscono restare in Messico,

per esempio gli haitiani”. Certo, facciamo notare, neppure la politica messicana verso i migranti è stata molto tenera negli ultimi anni: “Sì, ma comunque le politiche di Messico e Stati Uniti non sono comparabili”, afferma Morones, che registra anche le speranza suscitate ora dall’elezione del nuovo presidente López Obrador. E conclude: “Mai in tutti questi anni, la situazione è stata tan fea (così brutta) come adesso. Trump sta mostrando la parte peggiore dello spirito americano, gli Stati uniti sono stati l’unico Paese a separare i genitori dai figli, è una vergogna! Gli Stati uniti sono un caso unico al mondo”.

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