Massimo Giraldi, Sergio Perugini
Essere genitori tra guadagni e problematiche è un filo rosso narrativo che ha attraversato la storia del cinema sin dai suoi esordi, rivelandosi a tutt’oggi un tema centrale e ampiamente frequentato. La famiglia, il rapporto tra coniugi e soprattutto le dinamiche relazioni genitori-figli sono narrati sia con registro drammatico che umoristico. Ecco dunque il quarto e ultimo Focus estivo della Commissione nazionale valutazione film e del Sir, che hanno selezionato quattro titoli della stagione cinematografica appena conclusa da riscoprire nelle arene estive o in home video.
“Tully”
È il film di più recente uscita nelle sale italiane “Tully” di Jason Reitman, racconto di taglio problematico sulla maternità con protagonista il premio Oscar Charlize Theron. La storia nasce dalla penna della sceneggiatrice Diablo Cody – vincitrice dell’Oscar per “Juno” (2007), diretto dallo stesso Reitman – e ci propone la vicenda della quarantenne Marlo, madre di due figli con un terzo appena nato. Troviamo Marlo affannata da responsabilità e continue difficoltà nella gestione dei figli e della casa; stanca e disorientata, accetta di assumere la tata Tully (Mackenzie Davis) su consiglio del fratello. Giocato tra racconto realistico e metaforico, il film “Tully” si propone come una riflessione interessante sulla maternità e i tanti pesi che le donne oggi devono gestire nella quotidianità. Dal punto di vista pastorale, il film è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
“Tito e gli alieni”
È inserito in una cornice fantasy-fiabesca il film “Tito e gli alieni” di Paola Randi, uscito nelle sale a fine primavera, che affronta il tema della genitorialità nonostante l’assenza di legame di sangue. Siamo nello Stato del Nevada, negli Stati Uniti, dove uno scienziato italiano (Valerio Mastandrea) conduce una vita isolata a poca distanza dall’Area 51. Un giorno riceve la visita dei suoi nipoti adolescenti Anita e Tito, rimasti orfani. Inizia così un percorso conoscitivo fatto di alti e bassi, cui contribuirà in chiave positiva la giovane Stella (Clémence Poésy). Al di là dei riferimenti ad alieni e mostri spaziali, la sceneggiatura di Paola Randi si pone la domanda su come si affronti la paura della morte e del dolore. Nelle pieghe del racconto, nei suoi suggestivi scarti narrativi si fa strada la sensazione che la vicenda, per quanto piccola, abitata da gente sospesa, sperduta in un luoghi immensi, finisca con il crescere fino a sfiorare la bellezza del poema, la rabbia e la capacità di toccare i temi di un’umanità pronta a riscattarsi e a non cedere al peggio. Dal punto di vista pastorale, il film è consigliabile, poetico e adatto per dibattiti.
“Gli sdraiati”
Francesca Archibugi ha preso in mano il successo editoriale di Michele Serra, “Gli sdraiati”, scrivendo la sceneggiatura a quattro mani con il premio Strega Francesco Piccolo. È la storia di un rapporto padre-figlio estremamente conflittuale e problematico, declinato però in chiave ironica e umoristica, dove protagonisti sono Claudio Bisio e il giovane Gaddo Bacchini. Il film è centrato sul dialogo claudicante tra un padre realizzato e un figlio diciassettenne indolente, dalle amicizie non troppo costruttive. È l’amara fotografia di un patto educativo sfibrato, segnato dal prevalere dell’individualismo. Francesca Archibugi è una regista solida in grado di stare dentro la realtà e muoversi tra finzione e speranza con bell’equilibrio. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come complesso e problematico, per dibattiti.
“L’affido. Una storia di violenza”
In Concorso alla 74ª Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, dove ha vinto il Premio speciale per la regia e il Premio opera prima, “L’affido” di Xavier Legrand si confronta con l’ostico tema delle violenze sui minori in famiglia. È la storia dell’undicenne Julienne, conteso nella pratica di divorzio tra due coniugi. Nodo conflittuale centrale è il difficile dialogo tra il padre Antoine e il figlio Julienne: una sorta di sfida a colpi sempre più sottili di psicologia e pensieri non detti. Il silenzio assume un ruolo sempre più determinante, perché spacca la linearità del rapporto padre-figlio e obbliga a lasciare tutto fermo, in attesa di un’esplosione che crea tensione, forte suspense emotiva. La regia scandisce con decisione e incisività il crescere di aggressività da parte del padre, così come di tremori e paure da parte del ragazzo. Film duro, essenziale e impeccabile, dal punto di vista pastorale “L’affido” è complesso, problematico e adatto per dibattiti.