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I monasteri medioevali fari di civiltà

Come abbiamo già detto, il medioevo fu tutto tranne che un’epoca oscura. Anzi, fu un’epoca molto feconda, sotto vari punti di vista e disseminata di molte luci. Abbiamo addirittura un luogo che può essere considerato un vero e proprio faro dal quale si è propagata ogni forma di cultura e di “scienza”: il monastero.

Il fenomeno del monachesimo cristiano vide la luce in Egitto ad opera dei Santi Antonio e Pacomio. Il primo fondò il monachesimo eremita: uomini e donne abbandonavano la città, luogo di disordine e confusione, per vivere ritirati nel deserto (in greco eremos) in completa solitudine e dediti al silenzio, alla meditazione e alla lettura della Parola di Dio. L’altro fondò il monachesimo cenobita che a differenza di quello eremita si esprimeva in una vita comunitaria. Alla radice di queste due forme ci sono ragioni di carattere storico: con la fine delle persecuzioni ebbe fine l’epoca dei martiri, i costumi dei cristiani si rilassarono e così alcuni laici sentirono l’esigenza di vivere in modo più autentico il Vangelo. Il monachesimo nasce dunque come movimento laicale.

In Occidente il fondatore del monachesimo è Benedetto da Norcia. Originario dell’Umbria, visse prima come eremita e poi fondò delle comunità di monaci sia a Subiaco che a Montecassino. La comunità dei monaci viveva nel monastero che era una sorta di città autosufficiente. Poiché i monaci volevano vivere lontani dal mondo, sceglievano spesso zone disabitate, impervie e paludose e proprio lì iniziava la loro prima opera: la bonifica del territorio al fine di costruire il monastero. La sola presenza dei monaci era già segno di una presenza benefica sul territorio. Si passava poi alla costruzione del monastero.

Nella chiesa venivano svolte le celebrazioni liturgiche. I monaci si distinsero nell’arte del canto. Si pensi solo che il canto gregoriano deve il suo nome al monaco Gregorio divenuto papa nel 590 e che le note furono inventate dal monaco Guido d’Arezzo che le desunse da un inno dedicato a San Giovanni. Guido prese le prime sillabe di ogni frase dando vita alla scala che oggi conosciamo.

Nella farmacia i monaci conservavano le medicine che ricavavano soprattutto dalle erbe medicinali che erano coltivate nel chiostro o nei terreni limitrofi al monastero.

Nello scriptorium venivano copiati dagli amanuensi i testi, sia classici che sacri. Se oggi possiamo leggere tanti testi dell’antichità è proprio grazie al lavoro paziente di tanti monaci, spesso ignoti, che hanno riprodotto centinaia e centinaia di volumi fino all’avvento della stampa. Quando l’invenzione di Gutenberg giunse in Italia, fu proprio il monastero di Subiaco a dotarsi della prima macchina a stampa.

Nel capitolo avvenivano le riunioni dei monaci. Deve il suo nome al fatto che ogni giorno vi si leggeva uno dei 73 capitoli della Regola benedettina. Tutti avevano diritto di parola, tranne i novizi. Da ciò deriva il nostro modo di dire “Non avere voce in capitolo”. Il capitolo dà anche vita alla particolare forma del parlamento inglese: mentre il parlamento italiano è a forma di teatro greco, quello inglese è a ferro di cavallo poiché le prime riunioni del parlamento inglese si tennero proprio nell’aula capitolare di Westminster.

Il chiostro riprendeva la forma del peristilio delle antiche case romane. Il suo nome deriva dalla parola latina “claustrum” che vuol dire chiuso: infatti esso è chiuso all’esterno e aperto verso il cielo affinché il monaco possa sempre indirizzare la sua mente a Dio.

Nel refettorio venivano consumati i pasti insieme, mentre un monaco leggeva la Parola di Dio. Doveva essere a tutti evidente che nel monastero venivano curati tanto l’anima quanto il corpo, secondo l’insegnamento di Gesù: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. I monaci erano delle buone forchette e a loro si deve un certo sviluppo dell’arte culinaria.

Infine la foresteria era il luogo dove venivano ospitati i forestieri. Anche qui possiamo parlare di uno sviluppo dell’attività alberghiera ante litteram!

Come si può vedere, i monasteri sono stati luoghi dello spirito, ma anche luoghi di cultura, di accoglienza, di cura del corpo, di formazione artistica e musicale. Ultimo, ma non meno importante, i monasteri sono stati luoghi di integrazione fra latini e barbari. Benedetto nacque a ridosso della caduta dell’Impero Romano d’Occidente e già durante la sua vita ebbe modo di relazionarsi con i barbari: nel nome dell’unico Dio di tutti gli uomini, nei suoi monasteri teneva uniti latini e non latini e molti monasteri vennero fondati presso le popolazioni barbare tanto è vero che si deve proprio al monachesimo benedettino la cristianizzazione dell’Europa del Nord

Nicola Rosetti: