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#WMOF2018. Mons. Leahy: “Un clima di partecipazione, gioia e vivacità”. L’attesa per Francesco

M. Chiara Biagioni

“Un clima meraviglioso, di partecipazione, di gioia, di grande vivacità. Tanta gente, tantissimi input che arrivano dalle diverse sessioni e una grande varietà di iniziative: dagli stand ai lavori di gruppo ai diversi interventi. Certamente qui non c’è motivo di noia”. Raggiunto telefonicamente dal Sir, mentre sta uscendo da una sessione di lavoro dedicata allo sport, monsignor Brendan Leahy, vescovo di Limerick, descrive così l’atmosfera che si sta respirando in questi giorni a Dublino dove due giorni fa, è cominciato il “congresso pastorale” dell’Incontro mondiale delle famiglie che sta riunendo un numero record di partecipanti, 37mila persone di tutti i Paesi del mondo. Sabato 25 si unirà a loro anche Papa Francesco.

In effetti, mons. Leahy, la famiglia oggi appare essere un tema un po’ noioso, forse perché la si pensa ormai come realtà relegata al passato. Che famiglie ci sono lì a Dublino?
Qui si vede la diversità e si cerca di capire insieme e sempre di più il disegno di Dio sulla famiglia, perché in fondo la famiglia è un suo progetto. Bisogna essere fedeli a quel progetto, sapendo poi che i progetti si sviluppano nella storia.

Quello che si sta facendo qui, è guardare la famiglia con gli occhi di oggi, anche nella diversità delle sue forme.

Si parla di sport, dell’importanza delle piccole cose ma anche delle tematiche Lgbt e del crollo di un matrimonio.

Il tema della famiglia è una miniera di tesori, aspetti e sfaccettature che sono tutti da considerare, approfondire e riflettere.

Nessun pregiudizio, quindi. Non è un incontro tra famiglie in cui va tutto bene?
Certamente. O almeno questo è l’intento di chi promuove questo incontro. Lo so che ci sono alcuni (anche delle associazioni Lgbt) che dicono di non sentirsi pienamente accolti. E questo sentimento va rispettato. Però l’intento dei promotori è di accogliere tutti. Abbiamo detto più volte che, qui, tutti sono accolti. Non stiamo certamente lì a controllare con l’etichetta chi entra. Certo, vogliamo promuovere il disegno di Dio sulla famiglia. Ma sappiamo anche che ciascuno di noi – come dice il Papa – è in cammino, che nessuna famiglia è perfetta e per questo cerchiamo di aiutarci. Questo è lo scopo di queste giornate: non lasciare la famiglia da sola. Vogliamo accompagnarla perché il rischio oggi è che la famiglia venga isolata.

Quindi, aprire, accogliere, accompagnare tutti.

Sabato 25 arriverà Papa Francesco. Quale clima si respira in questi giorni a Dublino?
C’è un clima di grande attesa. In fondo la stragrande maggioranza degli irlandesi non vede l’ora di vedere Francesco. Faccio qualche esempio: è stato annunciato il percorso che farà la papamobile e la notizia data dai mass media è stata accolta con grande interesse. Tutti i biglietti per la Messa conclusiva sono andati esauriti subito. Vuol dire che c’è una grande attesa e che questa attesa sta aumentando. Le critiche ci sono, si sa. Qualche preoccupazione per il tema degli abusi sui minori c’è. Nei media ne hanno parlato molto. Però, gli irlandesi vogliono accogliere Francesco, come è tradizione in Irlanda, in maniera calorosa. C’è una certa attesa su cosa dirà sugli abusi sui minori visto che, purtroppo, in Irlanda il tema ha avuto un impatto forte.

A questo proposito, due saranno i momenti forti: la preghiera nella pro-cathedral di Dublino e l’incontro con le vittime. Come è stata accolta questa notizia?
È stata accolta molto positivamente. Anche perché circa un mese fa si era detto che forse non era sicuro che il Papa potesse incontrare le vittime e

la gente era rimasta un po’ delusa.

Per cui quando è stato detto che Francesco incontrerà le vittime, tutti sono rimasti contenti perché sentono che è un passo importante da fare.

Che cosa si aspetta l’Irlanda da Papa Francesco?
Io personalmente, aspetto la grazia del carisma del successore di Pietro. La sua presenza stessa genererà un momento di Dio e credo che in questo momento ci sarà tutto. Spero che il Papa porti all’Irlanda un soffio di riconciliazione e di guarigione, uno stimolo nuovo per la nostra fede, un supporto per le famiglie. Per la Chiesa di Irlanda sarà un momento anche di verifica: siamo arrivati a questo punto, sappiamo gli errori, anzi le atrocità terribili – come dice il Papa – che sono state commesse. Non dobbiamo nascondere quanto è successo e dobbiamo ammetterlo. Ma dobbiamo anche andare avanti. Questa visita del Papa segna un punto di svolta in un momento di passaggio:

sì, è successo quello che è successo, dobbiamo fare tutto il possibile perché non succeda mai più, però poi dobbiamo andare avanti. Non dobbiamo lasciarci imprigionare dalla nostra storia.

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