PORTO D’ASCOLI – Tre serate molto partecipate, quelle che precedono l’insediamento di don Gian Luca Rosati come parroco della parrocchia di Cristo Re di Porto d’Ascoli. Tre appuntamenti di formazione, preghiera, ascolto e meditazione sulla Parola guidati da padre Cesare Bosatra.
Il gesuita racconta che non è la prima volta che viene nelle Marche, ma la prima presenza in assoluto nella diocesi sambenedettese. Ha conosciuto don Gian Luca in un incontro per gli esercizi spirituali a Roma, e da lì l’invito a partecipare alla preparazione della comunità all’ingresso di un nuovo parroco.
Il filo conduttore la lettura della Parola, in un racconto che ha trattato la vocazione personale, non soltanto mettendo in evidenza il ruolo del del sacerdote.
Dove nasce la vocazione?
“La prima sera d’introduzione, la Parola data è quella dell’Esodo, al capitolo 3: Dio che si rivela e chiama Mosè, gli fa scoprire la sua vocazione. Rispondendo alla chiamata del Signore, Mosè realizza il meglio di sé stesso, quel progetto di liberare i suoi fratelli dalla schiavitù. Facendo da solo, il progetto fallisce; rispondendo alla chiamata del Signore realizza esattamente il suo sogno di gioventù. Con una precisazione: il Signore gli dice “Sono io che libero gli schiavi, tu collaborando con me li condurrai alla libertà”. Vedere qualsiasi vocazione come il modo in cui ciascuno realizza sè stesso.”
Come la vocazione è in grado di arricchire la persona e la comunità?
“Marco 1, 16-20 ha ispirato il secondo incontro: la grazia della prima chiamata. La prima chiamata non in senso temporale, è intesa quella chiamata che ha reso possibile la realizzazione di tutte le altre. La grazia è mettere al servizio del Vangelo la propria realtà. Alla Chiamata di Gesù, i discepoli che erano sul lago lasciano la barca, le reti, la famiglia. Ma di lì a poco li ritroviamo ancora in famiglia. Poi sappiamo che c’era la barca ed anche le reti. Dopo che Gesù è risorto, Gesù dice ai discepoli di voler pescare ed i discepoli lo seguono. In che senso quindi “hanno lasciato” se hanno ancora tutto? Rispondendo alla chiamata di Gesù, la barca serviva ancora per procurare le necessità immediate, ma al tempo stesso, con Gesù la stessa barca serviva per andare nella sponda pagana e far conoscere la sua Parola. La grazia della prima chiamata è quella di mettere al servizio del Vangelo la nostra realtà quotidiana. Vivendo il Vangelo tutte le altre chiamate si fondano su questa Parola. La vocazione è una convocazione. Le varie vocazioni che crescono in parrocchia devono unirsi, aiutarsi e sostenersi. In passato c’era una visione un po’ diversa: vita matrimoniale, vita sacerdotale, vita religiosa erano compartimenti stagni. Mentre oggi è necessario comprendere che ciascuna vocazione per realizzare sé stessa ha bisogno di altre esperienze, altre vocazioni. Nessuno può vivere da solo. Lo specifico di ogni chiamata lo troviamo in Marco 3, 14: ne costituì 12 perché stessero con lui.”
In cosa differisce la vocazione sacerdotale?
“Solo il terzo incontro ha messo in luce lo specifico della vocazione sacerdotale, attraverso la moltiplicazione dei pani dell’evangelista Marco. I discepoli tornano dalla missione e raccontano, verificano con Gesù quello che hanno detto e fatto. Si confrontano: è un’immagine di Chiesa molto bella. il Signore ci manda in missione, poi insieme a lui, ci si ascolta gli uni gli altri, si dialoga in rapporto al Vangelo. Dopo il confronto, Gesù invita i discepoli ad andare in disparte per riposarsi, su un monte. Questo ci ricorda che Gesù conduce coloro che dicono SI sulla montagna. Ci chiama nella quotidianità ma ci porta nei Suoi luoghi, per distribuire le vocazioni. Il progetto di Gesù di starsene in disparte, sembrerebbe fallire perché c’é da fare: sull’altra sponda c’è una folla in attesa. L’equilibrio tra lo stare ed il fare non lo si trova definitivamente, ogni volta va intelligentemente assicurato, garantito. Cè la preghiera e l’azione, che non sono mai questione di tempo. Gesù sbarca, sbarcano anche i discepoli, ma l’evangelista coglie la commozione di Gesù, che vede la folla senza pastore e si commuove. Gesù li ama e si mette ad insegnare. Qui troviamo l’essenza della vocazione sacerdotale: la Parola di Gesù diventa orientamento per non essere più smarriti. Gesù invita a dar da mangiare alla folla, ma ci sono solo 5 pani e due pesci. Ecco il nostro tutto, non è niente, rispetto alle necessità. Ma nelle mani del Signore, che non chiede di più, si rende possibile ciò che non é possibile. Quando Gesù ci chiede qualcosa, ci fa capire il dono che intende farci. Di lì a poco i discepoli daranno a mangiare alla folla, ma chi la sazia è Gesù. Quindi il sacerdote ha il ruolo specifico di annunciare, spiegare la Parola alla comunità e dare il pane inesauribile dell’Eucarestia che è nelle mani della Chiesa. Più si dà, più si riceve.”
Padre Cesare Bosatra, gesuita, è nato a Sant’Angelo Lodigiano nel 1947. Compiuti gli studi di filosofia e di teologia, è stato ordinato sacerdote nel 1977, ha conseguito la licenza in teologia biblica nel 1979. Per più di venticinque anni si è dedicato esclusivamente al ministero degli esercizi spirituali. Attualmente risiede a Napoli, alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Nel 2005 ha pubblicato Pregare con il Cantico dei Cantici e con le Edizioni San Paolo La Parola e il cuore. Pregare con la parabola del seminatore. Luca 8,4-15. 16-18. 19-21 (2016)
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