La scuola è certamente una delle istituzioni più importanti per la vita di uno stato democratico. La laicità della scuola e la sua apertura a tutti gli studenti senza distinzione di sesso, di lingua, di etnia, di religione sono sicuramente i suoi caratteri distintivi e allo stesso tempo i suoi indiscutibili punti di forza. La scuola è laica perché laico è lo Stato, ma come si pone essa nei confronti della questione religiosa? La scuola italiana rimane neutrale davanti alle tematiche che investono la fede? Che idea si fa della religione uno studente che esce dalla scuola statale?
È un dato di fatto che gran parte degli insegnanti non si riconoscano nella Chiesa, lo diciamo senza un giudizio di valore, ma solo come constatazione. Se nel recente passato una buona fetta degli insegnanti era apertamente ostile alla Chiesa e particolarmente ideologizzata, oggi si assiste a una maggiore indifferenza verso il fatto religioso (e forse, anche se paradossalmente, anche ad una maggiore apertura al dialogo). In una tale situazione, quando un insegnante si trova ad esempio davanti a una pagina di storia eccessivamente critica nei confronti della Chiesa, questo docente, non avendo alcun affetto per la Chiesa, può anche farsi scivolare addosso il fatto che l’autore del testo abbia calcato la mano.
Sono forse i libri di testo oggi a costituire il maggiore problema per il tema che stiamo trattando. Senza fare dietrologie, ma solo osservando una tendenza generale, si può constatare che i programmi scolastici, e dunque i libri di testo che ad essi si ispirano, presentano il fattore religioso come qualcosa di legato al passato e in un certo senso di superato.
Per esempio, in letteratura, il Cantico delle Creature è universalmente riconosciuto come uno dei primi testi della lingua italiana, oppure, ampio spazio viene dato allo studio della Divina Commedia, tutta permeata di riferimenti religiosi. Però, man mano che ci si avvicina all’età contemporanea, le tematiche religiose, pur presenti in vari autori sia del Novecento che contemporanei, vengono taciute.
La stessa cosa si può dire in ambito storico: se, ad esempio, viene dato ampio risalto al Concilio di Trento, niente, o quasi niente, viene detto del Concilio Vaticano II. Eppure quest’ultimo è l’evento storico-religioso più vicino a noi e quello che maggiormente ha influito sulla fisionomia della Chiesa di oggi. Risultato: la visione della Chiesa che un ragazzo si può formare è del tutto deformata rispetto alla realtà attuale, perché inevitabilmente legata a un’immagine del passato.
L’aspetto più drammatico riguarda il campo scientifico.
Uno studente che esce da un qualsiasi istituto superiore, con molta probabilità, ritiene che fra religione e scienza vi sia una irrimediabile opposizione. Effettivamente, nel suo percorso di studi ha incontrato casi problematici come il “caso Galilei”, la “questione darwinista” o le dispute sull’origine dell’universo, ma difficilmente avrà trovato qualche insegnante disposto a spiegargli come il cristianesimo con le sue strutture concettuali abbia favorito la nascita e lo sviluppo della scienza oppure come tantissimi uomini di fede si siano dedicati con passione alla ricerca scientifica.
C’è infine un ultimo aspetto sul quale riflettere e riguarda il malinteso che si crea attorno alla parola laicità o, meglio, su come essa viene messa in pratica. A volte si ha l’impressione che, in ossequio a tale principio, se la Chiesa ha compiuto qualcosa di buono nel corso della storia lo si debba tacere. Al contrario, tutto quello che è stato problematico o controverso, come le crociate, l’inquisizione o il già citato “caso Galilei” trova ampio spazio nei libri di testo. Poiché il cristianesimo costituisce uno dei pilastri della nostra cultura occidentale, quando se ne offre un’immagine svilita e addirittura vilipesa, si inoculerà inevitabilmente negli studenti un senso di avversione per la propria storia e per le proprie origini.