DIOCESI – È giunta in redazione questa domanda: “In questi giorni mi è capitato di leggere il vangelo apocrifo di Filippo. Che valore hanno per la fede e da un punto di vista storico i vangeli apocrifi?”
Così risponde il teologo Nicola Rosetti: “Quello che si può dire del vangelo di Filippo è valido per tutti i vangeli apocrifi. Fra i vangeli distinguiamo quelli canonici, cioè riconosciuti dalla Chiesa, e quelli apocrifi, che al contrario la Chiesa non accoglie come ispirati da Dio.
Come sono nati i vangeli apocrifi? Dobbiamo partire dalla considerazione che i vangeli canonici sono molto “scarni” e addiruttura contengono dei “buchi” sulla vita di Gesù: pensiamo che solo Matteo e Luca ci forniscono notizie sull’infanzia di Gesù e per esempio in Luca abbiamo un vuoto temporale fra i due e i dodici anni di Gesù e fra i dodici e i trenta anni.
I cristiani di seconda e terza generazione hanno voluto riempire questo gap con racconti fantasiosi ed aneddotici: sono così nati i vangeli apocrifi. La prima considerazione che dobbiamo fare da un punto di vista storico è che essi sono tardivi rispetto a quelli canonici e che dunque sono più lontani dallo svolgimento dei fatti. Già questo ci porta a dire che la loro affidabilità a livello storico è molto limitata. Il conseguente giudizio che poi la Chiesa ne ha tratto li fa diventare irrilevanti per la fede, se non addirittura nocivi. Nel caso specifico del vangelo di Filippo, dobbiamo pensare che esso è sorto in un ambiente gnostico, dunque ereticale e lontano dalla vera fede trasmessa dagli apostoli. Non ci deve poi trarre in inganno il fatto che questo vangelo sia attribuito all’apostolo Tommaso, infatti in tutta l’antichità vige il fenomeno della pseudoepigrafia, cioè dell’attribuzione di opere a personaggi importanti al fine di conferire autorità a dei testi”.
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