Alberto Campoleoni
“Io avevo 8 anni e avrei dovuto fare la terza elementare. Sentirsi dire che si era stati espulsi è una cosa molto grave. Io chiesi subito: Ma perché? Che cosa ho fatto? Quando capii, con fatica, che ero stata espulsa perché ero di una religione diversa dalle mie compagne, ecco, quel sentimento dura per sempre, non si dimentica più”.
A parlare, ricordando il passato, è Liliana Segre, senatore a vita della Repubblica italiana. Ebrea, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti, Segre non perde occasione di offrire la propria testimonianza diretta in particolare sull’Olocausto. Per non dimenticare – ha spiegato innumerevoli volte – per evitare che la storia si ripeta, che l’antisemitismo trovi nuovi terreni fertili.
Il ricordo dei suoi 8 anni è legato a uno dei capitoli più bui della storia d’Italia, con l’emanazione delle leggi razziali e il primo decreto che le attuava, con l’espulsione degli ebrei dalle scuole. Era il 5 settembre del 1938. Espulsa – ricorda Segre – perché di una “religione diversa”. Perché la scuola di allora la diversità non doveva tollerarla. Una cosa incomprensibile per una bambina, che aveva invece già sperimentato il contrario, cioè quella grande palestra di incontri e relazioni che è sostanza delle aule scolastiche di tutti i tempi. Una legge azzerava tutto e creava muri e ghetti, con conseguenze terribili.
A ottant’anni di distanza e proprio all’inizio di un nuovo anno scolastico, le parole di Liliana Segre sono taglienti e provocanti. Rivolgendosi ai ragazzi delle scuole – e non solo a loro – il suo invito è a non essere “indifferenti”, come invece lo furono, tanti anni fa, molte persone, che hanno accettato in silenzio il crescendo antisemita. “Ascoltate la vostra coscienza”: questo l’invito ai giovani. E sull’indifferenza, una parola in più: “Anche adesso c’è l’indifferenza. Questa indifferenza è la mia nemica personale”.
Diversità e indifferenza sono due termini che riguardano il mondo della scuola e ben ci sta la provocazione di Liliana Segre. Sentirsi espulsi perché “diversi” è inaccettabile. Ci si sente bollati “per sempre”. Ecco un terreno proprio di impegno per il mondo scolastico: accoglienza, rispetto della diversità, inclusione… sono termini che chiedono atteggiamenti, iniziative, strategie organizzative, peraltro ben conosciute nelle nostre scuole. L’importanza- sembra dire Liliana Segre – è non dimenticarselo, piuttosto ravvivando e tenendo ben accesa l’attenzione su questi temi, anche quando nella società montano atteggiamenti e parole che vanno in senso contrario.
E qui entra in gioco l’indifferenza “nemica personale” di Liliana Segre. E non solo sua. A scuola non si può essere indifferenti, come se si stesse percorrendo una strada da soli, separati dagli altri e dal mondo. Al contrario, la scuola è commistione, condivisione, confronto, anche scontro. Ma non indifferenza. E’ provocazione continua delle coscienze, secondo i diversi livelli di età e di maturazione personale, è accompagnamento continuo a “sentirsi parte” e non a “tirarsi fuori”.
Siamo all’inizio di un nuovo anno, le parole di Liliana Segre sono come una lezione d’apertura. Grazie.
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