“Siamo consapevoli che, se l’Europa perdesse il senso della solidarietà tra singoli, popoli e Stati, sarebbe tradire il messaggio cristiano” e andrebbe incontro a un “un impoverimento della civiltà, una diminuzione del civis europeo”. È il monito lanciato dal card. Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), da Poznań, in Polonia, dove è in corso l’assemblea plenaria dei presidenti di tutte le Conferenze episcopali europee. Le parole di Bagnasco qui, a Poznań, cadono in un momento cruciale per la vita dell’Unione, quando cioè a Strasburgo il Parlamento europeo ha chiesto l’attivazione dell’articolo 7 del Trattato dell’Ue contro il capo del governo di Budapest, Viktor Orban, per violazione dei valori fondanti dell’Unione. E il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha pronunciato il suo discorso annuale sullo stato dell’Unione al Parlamento europeo.
Anche i vescovi parleranno di Europa in questi giorni e lo faranno in chiave di fraternità. “Europa: la solidarietà nella formazione delle coscienze e della società” è il tema centrale dei lavori. “È sotto gli occhi di tutti che l’Europa vive un tempo di difficoltà nel suo comune cammino”, spiega Bagnasco, “e questo non riguarda solamente l’Unione europea ma, più ampiamente, tutto il Continente”.
Il quadro delineato è cupo. Nel suo discorso introduttivo ai vescovi europei, Bagnasco parla di “circostanze di carattere politico e culturale, fenomeni nuovi, spinte contraddittorie”. Fa riferimento a “sensibilità che fanno fatica a dialogare e a comprendersi con libertà da pregiudizi; a volte – aggiunge – si registrano delle chiusure dell’anima e delle menti, forse riaffiorano ricordi passati non del tutto riconciliati”. E senza fare alcun riferimento politico particolare, Bagnasco accenna anche a “pesi poco distribuiti” e “diverse identità” che sono viste “come ostacoli anziché come ricchezza da riconoscere e armonizzare”.
Ma la Chiesa ama e crede in questa Europa. “Nella sua cultura cristiana, nella sua spinta umanistica nonostante ombre e ritardi; crede nel suo futuro e nella sua missione, che non è di tipo economico, ma spirituale ed etico”. Le ombre prendono sempre più la forma della “crescente intolleranza” che si registra in Europa. Della “solitudine”. Bagnasco fa riferimento anche ad “una invivibile cultura del sospetto verso persone e istituzioni” ed esprime, a nome dell’episcopato europeo, preoccupazione per gli “atteggiamenti di presunzione, di pretesa superiorità, di arroganza”. E rivolgendosi ai vescovi europei, lancia loro un monito:
“Dobbiamo essere vigili anche nelle nostre comunità”.
La Chiesa è nel cuore di questa Europa. “Ri-annunciare Cristo riteniamo che sia il più grande atto d’amore verso i nostri popoli e il Continente”, dice Bagnasco. “Il modo giusto di essere nel mondo senza essere del mondo. Non ci spaventa la nostra debolezza, i limiti, neppure i peccati che la condizione umana porta con sé e che sono fonte di dolore”. A portare i saluti della Polonia all’episcopato europeo c’è il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki che ha ripercorso la storia dolorosa di questo Paese esprimendo la gratitudine per quanto la Chiesa nella clandestinità ha fatto per mantenere vive le sue radici cristiane, umane e solidali. “La Polonia – ha detto – ha potuto rinascere dalle ceneri del totalitarismo perché le sue tradizioni, la sua cultura e le sue radici cristiane sono state protette e salvaguardate nelle chiese, nelle cappelle”.
Il messaggio del Papa. Anche Papa Francesco incoraggia i vescovi europei ad essere lievito nel continente di fraternità. E nel suo messaggio, letto dal nunzio apostolico in Polonia, monsignor Salvatore Pennacchio, invita le Chiese europee a “trovare sempre nuove vie per realizzare una generosa e responsabile solidarietà individuando percorsi di fraterna collaborazione pastorale, nel solco dei valori spirituali, che hanno forgiato il pensiero, l’arte e la cultura dell’Europa”.