DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.
No, Signore! Tu sei il Cristo, non puoi parlare di sofferenza, di essere rifiutato, di essere ucciso! Tu sei il Messia, colui che aspettiamo e invochiamo come vincitore, liberatore e garante di salvezza!
Devono essere state queste le parole del rimprovero di Pietro a Gesù, quando Gesù stesso «cominciò ad insegnare loro che il Figlio dell’Uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere».
Insegnamento già anticipato dal profeta Isaia, come leggiamo nella prima lettura: «Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba, non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi».
Pietro non può accettare tutto questo. Egli ha appena fatto la sua professione di fede: a Gesù che domanda «Ma voi chi dite che io sia?», egli risponde prontamente «Tu sei il Cristo». Ma il “suo” Cristo non può apparire un reietto, uno sconfitto, un debole, un umiliato, addirittura un sottomesso!
Il “suo” Cristo è un Signore trionfante e potente! No!! Il Maestro sta sbagliando!!
«Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini». E’ questa la dura risposta di Gesù: un Gesù che invita l’apostolo a mettersi dietro di Lui, a tornare ad essere discepolo e non il maestro intenzionato ad insegnare a Dio come agire da Dio.
Gesù continua rivolgendosi a tutta la folla e ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua…»: non si tratta di accettare le croci che Dio ci manda…perché Dio non manda nessuna croce, non ci scaraventa addosso nessuna calamità o guaio! Gesù vuole dirci: come io sono disposto a morire pur di non tradire il vero volto di Dio, così, tu, se vuoi essere mio discepolo, non secondo la logica del mondo ma secondo la mia logica, sei chiamato a dare la tua disponibilità ad andare fino in fondo nella nostra relazione! La croce, ai tempi di Gesù, era la morte più ignominiosa…per noi, oggi, prendere la croce è essere disposti a mettere in gioco tutto di noi stessi per accogliere, custodire, difendere il vero volto di misericordia, di amore, di tenerezza del Padre.
La logica di Dio non è quella dei trionfalismi e del successo, ma quella del “perdere la vita”: non gettarla al vento ma donarla!
Pietro, quando ha questo dialogo con Gesù, è già da parecchio tempo alla sua sequela ma non ha ancora fatto questo “passo avanti”, quel percorso che, come San Paolo, può portarlo e può portare ciascuno di noi a dire «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore…».
Lasciamoci anche noi rivolgere da Gesù la domanda “Ma tu, chi dici che io sia?” e verifichiamo il cammino di fede fatto fino ad ora…il Signore è il mio vanto? Questo Dio, così com’è, così come viene a me è il mio vanto? E’ la mia ragione di vita? E’ un qualcuno che proclama grandi promesse, come Giovanni Battista o Elia o altri profeti, o è Lui la Promessa realizzata?
Lasciamo che la Parola ci interroghi…