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La crisi economica in Argentina

Bruno Desidera

Un tredicenne morto in uno scontro tra polizia e dei cittadini che cercavano di saccheggiare un supermercato, a Sáenz Peña, nella regione settentrionale del Chaco, tra le più povere del Paese. Comitati di emergenza sociale che sorgono nelle principali città, come per esempio a Rosario. Sono alcuni effetti della drammatica situazione economica in Argentina. Il Paese sudamericano, a distanza di diciassette anni, torna a convivere con il rischio default. La svalutazione del peso argentino nei confronti del dollaro ha costretto il presidente Mauricio Macri ad annunciare una serie di misure straordinarie, per far fronte all’emergenza e per arrivare a un accordo con il Fondo monetario internazionale. Tra i provvedimenti, che mirano al risanamento del bilancio statale, l’aumento delle entrate attraverso la tassazione transitoria (fino al 2020) sulle esportazioni, di 4 pesos sugli alimentari e di 3 pesos sulle altre materie prime; il dimezzamento dei ministeri; la riduzione della spesa pubblica e dunque anche dei sussidi per le fasce più povere della popolazione. Con possibili devastanti conseguenze a livello sociale.

“Quelle di Macri – spiega al Sir l’economista dell’Università Cattolica argentina (Uca) Eduardo Donza – sono provvedimenti di emergenza, per bloccare il crollo della moneta. Ma è chiaro che

l’Argentina ha bisogno non tanto di rimedi a breve termine, ma di politiche di prospettiva”.

Il docente è uno dei ricercatori dell’Osservatorio del disagio sociale, creato dall’Uca nel 2004. Uno strumento qualificato e autorevole, attraverso il quale vengono prodotte ricerche e rapporti approfonditi e molto attesi sulla situazione economica, sulle povertà, sul disagio, sulle dipendenze. Tra questi l’annuale Barometro sul disagio sociale.

Più di un terzo della popolazione vive in povertà. Donza cerca di spiegare cosa è successo negli ultimi mesi: “Rispetto al 2017 la situazione è peggiorata in modo rapido. Lo scorso anno, per esempio, secondo i dati del nostro Osservatorio, la povertà era scesa, dopo un pessimo 2016. E sembrava che così potesse avvenire anche nel 2018. Invece, sono cambiate le condizioni. Si vive una perdita di fiducia, che riguarda soprattutto il pagamento del debito, la svalutazione del peso è stata molto pesante, soprattutto tenendo conto del forte legame della nostra moneta con il dollaro”. Una situazione destinata a pesare sui già elevati livelli di povertà. Donza non ha ancora i dati relativi agli ultimi mesi: “Stiamo lavorando al rapporto annuale, la stima è che in Argentina ci sia circa il 5% della popolazione che è in situazione di indigenza, non ha di che vivere. Ma poi c’è un altro 30% in situazione di povertà, fatica a pagare le bollette, ad accedere ai servizi, all’istruzione… E’ la fascia maggiormente penalizzata dall’impennata dell’inflazione; un problema, questo, strutturale in Argentina, ma attualmente fuori controllo. Inoltre,

anche la classe media si trova in difficoltà, visto l’aumento dei prezzi e delle tariffe”.

È sempre più facile, in Argentina, trovare famiglie che non riescono a mandare a scuola i figli, o non possono pagare le medicine per curarsi, nonostante il servizio sanitario pubblico sia gratuito. “Si passa così alla cosiddetta povertà multidimensionale”, che coinvolge in qualche modo almeno “una famiglia su quattro”.

Servono politiche a lungo termine. Insomma, secondo Donza, i provvedimenti presi da Macri in settimana “riguardano il breve termine”. Ma serve ben altro per riattivare un Paese, e “la ricetta neoliberale si dimostra insufficiente, la struttura produttiva non si riattiva da sola”.
E’ lungo l’elenco dei cambiamenti ad ampio raggio di cui avrebbe bisogno l’Argentina: “C’è il problema, per la verità comune a tutta l’America Latina, di migliorare la struttura produttiva. Pensiamo solo al fatto che negli anni ’90 era emerso un tessuto di piccoli imprenditori poi spazzati via dalla crisi del 2001.

Metà dei lavoratori è impiegato nel sommerso, o in lavori personali, come quello dei cosiddetti cartoneros, gli ambulanti, ecc. In Argentina, ecco un altro grosso problema, collegato al primo, abbiamo un lavoro di bassa qualità. Ancora, vengono poco valorizzate le ricchezze e le specificità delle varie regioni. E mancano politiche serie di programmazione, siamo sempre in campagna elettorale, i politici eletti di volta in volta cambiano la propria agenda.

Servono accordi di lungo periodo tra i vari attori politici e sociali, per il bene del Paese”.
In questo clima difficile Buenos Aires si appresta a ospitare, dal 30 novembre al 1° dicembre, il vertice del G20. “Sarà un incontro importante – conclude Donza – e l’Argentina ha la possibilità di presentarsi come un Paese più stabile e di guadagnare un po’ di fiducia”.

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