“Don Pino Puglisi non fu neppure per un attimo campione dell’antimafia di professione, ma semplicemente prete, in coerenza con gli insegnamenti evangelici e con le indicazioni del Concilio Vaticano II, e per questo inviso a Cosa Nostra”. Lo ha scritto nella riflessione domenicale sul portale calabriaecclesia.org mons. Vincenzo Bertolone, postulatore della causa di beatificazione don Puglisi e presidente della Conferenza episcopale calabra. “Predicando l’esempio di Cristo, riusciva ad allontanare i giovani dai campi della zizzania mafiosa e a risvegliare le coscienze di Brancaccio”, ha sottolineato il presule, la cui riflessione segue la visita del Papa a Palermo. “Temeva il silenzio degli onesti – afferma Bertolone – e per questo rispondeva con un ministero pastorale in cui il Vangelo era fonte di speranza da coniugare, sotto l’aspetto pratico, con le missioni popolari, la chiamata dei laici alla corresponsabilità, la formazione alle celebrazioni sacramentali, l’analisi dei bisogni della gente, la creazione di momenti civici quale fucina di una nuova coscienza collettiva, la moralizzazione delle feste popolari”. Mons. Bertolone sottolinea “la testimonianza personale, con una vita semplice, sobria e frugale, per condividere realmente con gli ultimi e i deboli il pane ed il vino”. Ricordando il momento dell’omicidio del prete, il postulatore ha evidenziato che “prima di cadere esanime a terra, regalò loro l’ultimo suo sorriso. Per chi lo uccideva fu la chiave del pentimento e della rinascita, per lui un altro atto di amore”.