“Se approvato espressamente dal Romano Pontefice, il documento finale partecipa del magistero ordinario del successore di Pietro”. È la novità principale della Costituzione apostolica “Episcopalis communio” di Papa Francesco sul Sinodo dei vescovi. Ricercare “nella misura del possibile l’unanimità morale”, le modalità suggerite per arrivare all’approvazione del documento finale. Oltre ai padri sinodali, la partecipazione può essere estesa anche a chi non è insignito del “munus episcopale”. La Segreteria generale, oltre al Consiglio ordinario, grazie al nuovo documento del Papa verrà affiancata anche da Consigli per la preparazione e l’attuazione dell’Assemblea Generale Straordinaria e dell’Assemblea Speciale.
L’eredità di Paolo VI. Già Paolo VI – ricorda Francesco nella Costituzione apostolica – stabilì che il Sinodo dei vescovi
“avrebbe avuto normalmente funzione consultiva, offrendo al Romano Pontefice, sotto l’impulso dello Spirito Santo, informazioni e consigli circa le varie questioni ecclesiali”, ma al tempo stesso “avrebbe potuto godere anche di potestà deliberativa, qualora il Romano Pontefice avesse voluto conferirgliela”.
Anche dopo la pubblicazione del Codice di diritto e del Codice dei Canoni delle Chiese orientali, il Sinodo dei vescovi ha “continuato a evolversi gradualmente”, fino all’ultima edizione dell’Ordo Synodi, promulgata da Benedetto XVI il 29 settembre 2006. “In questi anni, contestando l’efficacia dell’azione sinodale di fronte alle questioni che richiedono un intervento tempestivo e concorde dei pastori della Chiesa – scrive il Papa – è cresciuto il desiderio che il Sinodo diventi ancor più una peculiare manifestazione e un’efficace attuazione della sollecitudine dell’episcopato per tutte le Chiese”.
“Tutti i pastori sono costituiti per il servizio al popolo santo di Dio, al quale essi stessi appartengono in virtù del sacramento del battesimo”, ricorda Francesco, a proposito della natura del Sinodo, “chiamato, come ogni altra istituzione ecclesiastica, a diventare sempre più un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autoconservazione”.
“Una vera e propria rifondazione dell’organismo sinodale”. Così il card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, ha definito l’Episcopalis communio. “Il Papa – ha commentato Baldisseri – non sta, da solo, al di sopra della Chiesa; ma dentro di essa come Battezzato tra i Battezzati e dentro il Collegio Episcopale come Vescovo tra i Vescovi, chiamato al contempo – come Successore dell’apostolo Pietro – a guidare la Chiesa di Roma che presiede nell’amore tutte le Chiese”.
Tra le novità, Baldisseri ha citato le “implicazioni ecumeniche” del Sinodo, da cui “anche l’esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce”. “Papa Francesco – ha concluso il cardinale – si mostra convinto che – attraverso la debita valorizzazione della dimensione sinodale della Chiesa, che reclama il protagonismo di tutti i battezzati, e al suo interno della dimensione collegiale dell’episcopato, che rilegge la dottrina sul primato in chiave comunionale – potrà finalmente avviarsi quella ‘conversione del papato’ già auspicata da San Giovanni Paolo II e a cui i nostri fratelli ortodossi e protestanti guardano con vivo interesse”.
Non più un evento per “addetti ai lavori”. È il Sinodo dei vescovi, come emerge dalla nuova costituzione apostolica. A tracciarne il profilo è Dario Vitali, consultore della segreteria generale del Sinodo dei vescovi e professore ordinario di teologia dogmatica nella Pontificia Università Gregoriana. Nel testo, per il relatore, è centrale il “sensus fidei” del popolo di Dio: “Rispetto al Concilio non c’è solo continuità, ma progresso: se il Vaticano II, infatti, aveva recuperato i soggetti e le loro specifiche funzioni nella Chiesa, la Costituzione applica e traduce in prassi ecclesiale quelle indicazioni, sviluppando un cammino sinodale per tappe, che inizia ascoltando il Popolo di Dio; prosegue ascoltando i pastori; culmina nell’ascolto del vescovo di Roma, chiamato a pronunciarsi come pastore e dottore di tutti i cristiani. Questi passaggi sono tradotti in norma nella costituzione Episcopalis communio”. “La Chiesa dei Padri era una Chiesa sinodale”, ricorda Vitali.
“Chiesa e Sinodo sono sinonimi”,
aveva detto Francesco nel suo discorso per il 50° del Sinodo dei vescovi citando san Giovanni Crisostomo: l’obiettivo della Episcopalis communio è quello di “regolare immediatamente la celebrazione delle assemblee sinodali, avendo però come orizzonte una Chiesa tutta sinodale, verso la quale tutti siamo chiamati ad andare. Il legame ideale con la Chiesa dei primi secoli, che camminava sinodalmente, è molto forte. In tal senso, anzi, la celebrazione del Sinodo diventa in certo qual modo immagine e modello della Chiesa stessa, che è chiamata a impostare tutta la sua vita sul principio sinodale dell’ascolto reciproco, a tutti i livelli”.
Con la nuova Costituzione, ha osservato mons. Fabio Fabene, segretario generale del Sinodo, si promuove quella “salutare decentralizzazione” auspicata nella Evangelii gaudium. “Il Sinodo non è fine a se stesso”, ha ricordato rimarcando l’importanza della fase attuativa, “che intende favorire l’accoglienza delle conclusioni sinodali, recepite dal Papa, all’interno delle Chiese particolari, in un processo di collaborazione tra il Dicastero della Curia Romana competente sul tema e la Segreteria del Sinodo”. L’imminente Sinodo di ottobre, dedicato ai giovani, rappresenterà quindi la prima applicazione della rinnovata normativa sinodale.