Gianni Borsa
Le ferite inferte all’ambiente e la “necessaria cura del Creato”, con uno sguardo particolare all’Amazzonia, non rappresentano “solo un grave problema ecologico, sociale e politico, ma chiamano in causa direttamente la Chiesa perché c’è di mezzo la difesa della vita umana”. Mons. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea), spiega al Sir l’iniziativa ospitata oggi nella sede di Bruxelles: un dibattito su “I popoli indigeni dell’Amazzonia. Come può l’Unione europea promuovere i loro diritti?”.
Problema globale. Un confronto a tutto campo, quello promosso da Comece assieme a Repam, Adveniat, Misereor e Cidse, con la partecipazione dell’Ue. Tutti attorno allo stesso tavolo perché – dice ancora Hollerich al Sir – “la situazione dell’Amazzonia è un problema globale, che richiede una risposta globale. E l’Europa, essendo parte del problema, può e deve essere parte della soluzione”. Il presidente Comece riflette a partire dallo sfruttamento del patrimonio amazzonico, dagli interessi delle multinazionali, dall’inquinamento prodotto dalle attività estrattive e dai molteplici business che ruotano attorno a questo gigantesco “polmone” che produce un quarto dell’ossigeno della Terra. “Ma non si tratta solo di macro-questioni. Siamo chiamati a riflettere anche sui nostri stili di vita, su come usiamo i beni che la natura ci offre”. “Viviamo in un mondo interconnesso e ciascuno è responsabile di fronte agli altri delle proprie azioni, anche per quanto riguarda la tutela del Pianeta”. Mons. Hollerich cita la “Laudato si’” di Papa Francesco e aggiunge: “Dobbiamo calarci nella realtà, perché è nella realtà che troviamo Dio. E oggi questa ci rimanda alla cura del Creato la quale richiede una vera e propria rivoluzione dei costumi, della mentalità e dell’economia”.
Popoli che soffrono. Il cardinale Claudio Hummes, arcivescovo emerito di San Paolo del Brasile e presidente del Repam (Panamazon Ecclesial Network), pone l’accento “sulla sofferenza delle popolazioni indigene”, minacciate dallo sfruttamento della foresta amazzonica, dei fiumi, delle materie prime e della natura. Ribadisce che “la questione ecologica, come richiamato da Papa Francesco, ci chiama in causa direttamente, perché riguarda la stessa vita umana”. Dalle sue parole emerge la complessità della situazione in America latina, e lo sfruttamento dell’Amazzonia si colloca in un contesto di diritti violati, di soprusi alle popolazioni che da sempre abitano quei territori, di affari miliardari che passano sopra la testa di territori, villaggi e comunità locali. Quindi un ampio riferimento al Sinodo pan-amazzonico che si svolgerà nell’autunno 2019 su “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”. “L’ecosistema globale è minacciato – dice – e la Chiesa non può che essere attenta, presente e dalla parte dei diritti dei più deboli”.
Diverse voci e prospettive. Il forum ha portato a Bruxelles le voci delle stesse tribù e popolazioni dell’Amazzonia. Rosildo Da Silva racconta il progressivo impoverimento della sua terra, con sfruttamenti minerari, espropriazioni, inquinamento. José Horlando Da Silva de Araujo testimonia le difficoltà nella vita quotidiana delle popolazioni locali che scaturiscono dall’impoverimento senza limiti della forestaamazzonica e del grande fiume che le dà il nome e le minacce esterne che giungono a chi lì è nato e sempre vissuto. Mauricio Lopez, segretario esecutivo del Repam, impegnato nella Caritas dell’Ecuador, sottolinea ancora una volta che “il futuro degli europei è legato al nostro futuro” in Sud America.
Il dibattito nella sede Comece – moderato da Denise Auclair (Cidse) – porta anche altre voci, fra cui quella di Hugo Sobral, direttore per le Americhe del Servizio di azione esterna dell’Unione europea, con le iniziative e le relazioni in corso tra Ue e Paesi della regione: Brasile, Colombia, Perù e altri Stati del continente latinoamericano. Gli ospiti della Comece in mattinata avevano fra l’altro incontrato le autorità dell’Unione europea.
“Più coraggio”. Il cardinale Pedro Barreto Jimeno, vicepresidente del Repam e arcivescovo di Huancayo (Perù), cita il testamento spirituale del card. Carlo Maria Martini (“La Chiesa è rimasta indietro di duecento anni”) per segnalare l’urgenza di una maggiore attenzione e coraggio nell’affrontare i temi dell’“ecologia integrale” di Papa Francesco e della tutela dei diritti delle popolazioni più esposte in Amazzonia. “Con il Sinodo del prossimo anno per la prima volta la Chiesa darà la parola alle popolazioni della foresta amazzonica, si metterà in loro ascolto” per poi tornare a impegnarsi sui diversi fronti: povertà, diritti, sobrietà, ecologia, educazione, mondialità.