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Vescovo Bresciani: “Il cristiano è colui che non solo crede in Gesù Figlio di Dio, ma colui che, soprattutto, si mette alla sua sequela, rispondendo positivamente al suo invito “vieni e seguimi”. Molti sono i modi in cui si può seguire Gesù: lo hanno seguito gli apostoli, i discepoli, le pie donne e, nei secoli, una schiera infinita di mariti, mogli e di consacrati.
Gesù continua a chiamare ogni cristiano: “vieni e seguimi”. Seguimi in una piena disponibilità alla volontà del Padre; vivi la vita imitando la mia piena e totale dedizione all’amore di Dio e dei fratelli uomini. Noi sappiamo che la via verso la felicità sta nel seguire la strada che Gesù nel Vangelo ci ha tracciato e non può che essere una vita consacrata all’amore di Dio e del prossimo. È questo il primo e il più grande dei comandamenti, come ha detto Gesù.
La vocazione al ministero nella Chiesa, quella a cui sta rispondendo ora fra Luca chiedendo di diventare diacono, non è altro che una modalità di vivere l’amore cristiano a servizio di Dio, della Chiesa e del prossimo. Tutti i cristiani sono chiamati ad amare Dio, la Chiesa e il prossimo. Fra Luca lo fa aggregandosi alla famiglia religiosa dei frati francescani conventuali prendendo come modello frate Francesco.
Non è un ministero, quello del diaconato, che si assume egli da solo, per sua iniziativa, ma lo chiede come dono, anzi lo implora da Dio attraverso la Chiesa: si prostra a terra davanti a Dio e a tutti noi e invoca l’aiuto di tutti i santi del Paradiso sapendo che senza la grazia di Dio e senza l’amore di Dio effuso nei nostri cuori dallo Spirito santo (cfr. Rom 5, 5) nulla ci è possibile. L’ordine sacro, che tra poco gli conferirò con l’invocazione dello Spirito e l’imposizione delle mani, e che lo impegnerà per sempre, per tutta la vita, è la risposta di Dio alla sua libera disponibilità a seguire Gesù nel servizio della carità, servizio che è specifico del diacono e che egli eserciterà in nome della Chiesa.
Caro fra Luca, Gesù ti chiama a questo servizio e la sua chiamata è un gesto di amore nei tuoi confronti. In questo ministero sappi collaborare con altri, innanzitutto con i tuoi confratelli francescani. Sii come Mosè, che, come ci ha detto la prima lettura, per esercitare bene il compito che Dio gli aveva affidato dovette imparare a collaborare con i settanta anziani su cui il Signore effuse il suo Spirito.
Con il voto di povertà hai rinunciato alle ricchezze di questo mondo, sapendo che non sono esse la nostra forza e non sono esse a fare la grandezza di un uomo davanti a Dio. Ricco secondo il mondo è colui che si fa servire: ricordati che Gesù non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la sua vita perché noi ci arricchissimo della sua povertà. C’è una ricchezza sbagliata che è di natura materiale, ma c’è anche una errata ricchezza dal punto di vista spirituale ed è quella di chi si sente superiore agli altri, di chi cerca solo l’affermazione di sé. Anche questa fa parte di quella che san Giacomo, nella seconda lettura, chiama ‘ricchezza marcia’, contraria allo spirito del discepolo di Cristo. Per questo frate Francesco la aborriva, non meno della ricchezza materiale.
Il diaconato non ti costituisce in un ruolo superiore agli altri, ma in un ruolo di umile servizio (Gesù nel Vangelo di oggi parla anche del servizio di un semplice bicchiere d’acqua); un servizio non dove tu vorrai o dove piacesse a te, ma dove ci sarà bisogno, senza alcuna distinzione di persone. Se c’è una preferenza da fare, falla per chi ha più bisogno. Non lasciarti lusingare dai potenti di questo mondo e non temerli, temi solo chi ti può togliere il dono che Dio ti ha dato e, con esso, la vita eterna.
Sii pronto a togliere da te tutto ciò che ti può ostacolare in questo servizio.
Gesù nel Vangelo, in modo simbolico, dice che bisogna essere pronti a tagliarsi anche la mano o a cavarsi un occhio: non intende certo creare ciechi o mutilati, ma intende dire che dobbiamo essere pronti a staccarsi con ferma decisione da tutto ciò che ci allontana da una vera e piena sequela di Gesù. Lo scandalo di cui parla Gesù è quello di chi dice di seguire lui, ma lo fa solo a parole, non con le opere delle mani e del cuore. Ricordati che “non chiunque dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7, 21).
Da diacono, sarai chiamato ad annunciare il Vangelo, a proclamarlo solennemente nella celebrazione liturgica: ricordati che non ti viene affidata solo la sua proclamazione, ma soprattutto l’impegno a vivere in verità ciò che proclamerai.
La parola senza la vita non ti salverà, poiché la vita non è fatta solo di parole. Gesù è la Parola (il Verbo) che si fa carne.
Non inseguire le vuote chiacchiere del mondo, anche se gridate dai mass-media o dai social come oggi si dice; non lasciarti affascinare dalle loro false lusinghe che non conducono alla sapienza della vita. Ti viene affidato il Vangelo, lì troverai la vera sapienza, quella che il mondo non comprende e rifiuta come stoltezza. Tu ricordati, invece, della parola di san Paolo: la stoltezza di Dio è più sapiente della sapienza del mondo (cfr. 1Cor 1, 17-25), perché solo chi dona la propria vita la ritroverà per la vita eterna. Per il mondo donare la vita è stoltezza, ma questa è la sapienza di Dio.
Caro fra Luca, sappi che Colui che ti affida questo ministero nella Chiesa è fedele e non ti abbandonerà mai. Forse, a volte, non comprenderai subito dove ti sta portando e, talora, avrai l’impressione di non sentirtelo vicino: allora fermati e ascolta, lui sarà solo un passo avanti a te e nel silenzio interiore sentirai la sua voce che continuerà a dirti soavemente “vieni e seguimi, togli da te ciò che frena il tuo cammino”.
Se lo farai, incontrerai le sue braccia aperte, quelle del crocifisso, sempre pronte ad abbracciarti con la tenerezza del suo amore.