Riccardo Benotti
“L’invito dei Papi di rivolgersi alla Madre di Dio e a San Michele non è mai stato motivato dal solo desiderio di incrementare la devozione popolare verso di loro, bensì dal fatto che i Successori di Pietro ravvisavano e ravvisano situazioni in cui si rende necessario invocare l’intervento divino, dato che contro l’agire diabolico le sole forze umane sono del tutto insufficienti”. Padre Francesco Bamonte, esorcista da oltre cinque lustri, non è sorpreso dall’appello del Papa di pregare il Santo Rosario ogni giorno durante il mese mariano di ottobre. Invito che è arrivato nel giorno di chiusura del convegno promosso dall’Associazione internazionale esorcisti, di cui padre Bamonte è presidente.
Francesco ha invitato i fedeli di tutto il mondo a “chiedere alla Santa Madre di Dio e a San Michele Arcangelo di proteggere la Chiesa dal diavolo”. C’è davvero bisogno?
L’invito del Santo Padre non è qualcosa di nuovo, né tanto meno qualcosa di strano. Papa Francesco è, infatti, in perfetta continuità con i suoi predecessori, i quali a partire dalla fine del secolo XIX hanno insistentemente rivolto, quanto a sostanza, lo stesso appello a tutti i fedeli. Su questo argomento e in ordine al Santo Rosario mi piace, ad esempio, ricordare ciò che diceva il Beato Papa Paolo VI nell’udienza generale del 7 ottobre 1964. E per venire a San Michele Arcangelo, giova ricordare che è stato lo stesso Papa Leone XIII a disporre che, dopo la celebrazione della Santa Messa e insieme alla Madonna, si invocasse da tutti il “Principe delle Milizie Celesti”. Come si vede, da Leone XIII a Francesco, passando soprattutto per San Giovanni Paolo II, noi scorgiamo lo stesso filo conduttore.
Lei vede i segnali delle azioni del diavolo contro la Chiesa?
Indubbiamente sì, anche se sono convinto che la visione che di queste azioni ha il Papa sia assai più ampia della mia, che pure servo alla Chiesa come esorcista e come presidente di un’Associazione internazionale di esorcisti. Ma di questo non c’è da sorprendersi, perché stando in alto, al proprio posto di sentinella, è naturale che si vedano molte più cose che stando in basso. E Papa Francesco, come ogni buona sentinella, non si risparmia di dirci ciò che vede dalla sua posizione. I suoi avvisi, i suoi richiami denunciano frequentemente le mancanze contro la carità e contro quella forma della carità che è la misericordia. E questo ci dovrebbe far pensare assai.
Non basta, infatti, essere attenti a conservare la fede, se poi si trascura la carità.
Il cardinale Giulio Antonio Santori, nella parte del suo Rituale dedicata agli esorcismi, dice, a proposito della presenza del demonio in persone possedute, che “dopo che è entrato a poco a poco disdegna le cose sante e non le teme; anzi, egli parla dei misteri della santa fede e confessa la divina maestà”. Questo significa che i segnali più evidenti delle azioni del diavolo contro la Chiesa noi le vediamo dove manca la carità, perché lì la sua presenza e il suo agire sono sicuramente palesi, mentre dietro una fede di facciata il demonio può ancora nascondersi. Il segno per me più inquietante dell’apostasia è quello di cui parla Gesù nel Vangelo di Matteo quando dice: “Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti”. L’attenzione del Successore di Pietro oggi si dirige esattamente su questi segnali dell’agire diabolico e
se Papa Francesco insiste tanto a metterci in guardia contro le mancanze di carità e di misericordia è perché su questi fronti il diavolo ce le sta suonando ben bene.
Anche gli uomini di Chiesa non sono immuni da esse? Pensiamo, ad esempio, al grave scandalo degli abusi.
Nessuno è immune dall’azione ordinaria del maligno, che prende il nome di “tentazione” e che è in sé la più subdola e la più pericolosa. Ma su questo non ho nulla da aggiungere a quello che il Santo Padre ha già più volte affermato e richiamato con molta chiarezza. Ricordo, piuttosto, che
a controbattere l’azione ordinaria del demonio, ossia a lottare contro le tentazioni, sono chiamati tutti, indipendentemente dall’età e dalla condizione di vita.
E ricordo che per quanto riguarda l’aiuto da dare in questa lotta contro l’azione ordinaria del demonio in termini di consigli e di appoggio spirituale, non è necessario essere esorcisti. Basta essere buoni sacerdoti o buoni genitori ed educatori.
Perché l’impiego dell’invocazione “Sub Tuum Praesidium” e della preghiera a San Michele Arcangelo?
Non certo perché sono formule magiche, ma per l’eccellenza delle persone a cui sono dirette e per la missione speciale che ciascuna di loro, ossia la Madonna e San Michele, hanno nei confronti della Chiesa e di ciascun fedele. Quanto alla scelta delle parole, se si esclude la prima parte dell’Ave Maria che è tutta nel Vangelo,
il “Sub Tuum Praesidium” rappresenta la più antica invocazione mariana che si conosca ed è molto adatta, nel significato dei termini che la compongono, ad esprimere le convinzioni e i sentimenti che i fedeli devono avere quando pongono se stessi e la Chiesa sotto il manto protettivo della Madonna, affinché siamo preservati dagli attacchi del maligno, che è il grande accusatore, e allo stesso tempo siamo sempre più resi consapevoli delle colpe, degli errori, degli abusi commessi nel presente e nel passato, impegnandosi a combattere senza nessuna esitazione perché il male non prevalga.
Quanto alla preghiera a San Michele Arcangelo, per rispondere convenientemente al perché del suo impiego dovrei citare integralmente il discorso che Papa San Giovanni Paolo II tenne alla popolazione di Monte Sant’Angelo, sul Gargano, domenica 24 maggio 1987. Mi limito a ricordare le ultime parole che il Papa pronunciò in quell’occasione: “Tutti ricordano la preghiera che anni fa si recitava al termine della Santa Messa: ‘Sancte Michaël Archangele, defende nos in proelio’; tra poco, la ripeterò a nome di tutta la Chiesa”. Si noti bene, il Papa disse: “La ripeterò a nome di tutta la Chiesa”.
Il Rosario è una preghiera “speciale”?
Certamente lo è e le ragioni la Chiesa ce le ha offerte soprattutto attraverso il Magistero dei Papi, dei Vescovi e dei Santi, ma anche attraverso il magistero ordinario di tanti buoni cristiani: mamme, papà, nonni, bambini. Chi vuole una risposta convincente e appagante faccia un regalo a sé stesso e la cerchi in loro. Quanto a me, visto che sono membro di un Istituto religioso che ha un particolare legame con gli eventi di Fatima e la santità dei Pastorelli, rimando a ciò che in materia possiamo ricavare dalla lettura degli scritti di suor Lucia, di cui si è già conclusa la fase diocesana del processo di beatificazione. Mi riferisco alle sue “Memorie” e al libro “Gli appelli del messaggio di Fatima”, che tra l’altro aiutano ad avere una visione serena di ciò che l’intervento della Madonna ha da dire a noi oggi, liberandoci da modi di pensare cupi ed infetti da catastrofismo.