L’Indonesia è un Paese colpito spesso da cataclismi naturali come terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche. Quest’anno è stato particolarmente martoriato da un duplice sisma nel breve lasso di due mesi, anche se in isole diverse: prima a Lombok il 29 luglio e l’ultimo a Sulawesi il 27 settembre, con una scossa del 7,4 della scala Richter seguita poi da uno tsunami che ha colpito le coste, con onde alte fino a 6 metri. Gli indonesiani sono talmente abituati a fronteggiare le emergenze al punto che il governo invia messaggi di allerta a tutti i cellulari, per invitare la popolazione a mettersi in salvo. A volte funzionano, a volte il rischio viene minimizzato. Stavolta a Sulawesi è probabile che le linee telefoniche siano andate in tilt dopo le prime scosse. Tant’è che le vittime di quest’ultima catastrofe sono state una enormità: ad oggi, secondo i dati ufficiali, 1.948 morti ma risultano altre migliaia di dispersi e il governo ha reso noto che giovedì sospenderà le ricerche dei corpi, la maggior parte dei quali vengono sepolti in fosse comuni. I familiari dei dispersi però non si danno pace e continuano disperatamente a cercare. Oltre 10.000 i feriti, 75.000 gli sfollati, 65.000 le abitazioni distrutte, oltre 2.700 sono scuole.
Una tragedia molto più grave. “E’ stata una tragedia molto più grave del precedente terremoto a Lombok, con 250 vittime”, constata al Sir Matteo Amigoni, operatore di Caritas italiana che ha vissuto con la famiglia in Indonesia e nelle Filippine e lavora in costante contatto con l’efficiente team di Karina/Caritas Indonesia. Nonostante l’Indonesia sia il Paese con il più alto numero di musulmani nel mondo, i cattolici sono rispettati e le organizzazioni caritative collaborano attivamente con le realtà istituzionali e le organizzazioni umanitarie. A Sulawesi vi sono solo due diocesi, Makassar e Manadu, che hanno subito messo a disposizione le chiese per gli sfollati. Il governo ha aperto agli aiuti internazionali. Amigoni partirà a breve per visitare le zone di Palu e Donggala nell’isola di Sulawesi. Caritas italiana ha già destinato 100mila euro ed aperto una raccolta fondi. Anche Papa Francesco ha donato 100mila dollari tramite il Dicastero per il servizio allo sviluppo umano integrale.
La situazione a Sulawesi. Nella bellissima isola di Sulawesi, paradiso esotico per molti turisti (300 sono stati evacuati, nessuno è morto), interi territori sono stati completamente divorati dal sisma e dalle acque. Le sorgenti d’acqua sono state contaminate, l’energia elettrica è tornata solo in questi giorni, anche il carburante è reperibile da poco.
“Ogni giorno partono da Makassar, nel sud di Sulawesi, tre convogli umanitari con gli aiuti, scortati dalle forze dell’ordine”,
racconta Amigoni. Si dirigono verso nord, un viaggio via terra lungo 15 ore, nelle immense distanze indonesiane che si percorrono in bus o traghetti quando non è possibile prendere gli aerei. Il piccolo aeroporto di Palu è tornato in funzione solo in queste ore, ma gli aiuti umanitari dall’interno e dall’estero finora sono passati tutti via Makassar.
Gli aiuti nella fase di prima emergenza. Il punto di riferimento e centro di distribuzione degli aiuti cattolici è la parrocchia di Santa Maria a Palu. Per due/tre mesi della prima fase d’emergenza Karina/Caritas Indonesia continuerà a distribuire cibo, acqua, kit per costruire alloggi provvisori (pale, carriole, chiodi, teli di plastica), kit igienici, materassi e coperte, tende, medicine. Poi, una volta tolte le macerie, si penserà a programmi di ricostruzione delle case e riabilitazione delle attività produttive. “Molti volontari da tutto il Sulawesi sono partiti per aiutare nella distribuzione degli aiuti – ha detto padre Banu Kurnianto, direttore di Caritas Indonesia -. Vogliamo coordinare il nostro intervento in modo da avere un impatto maggiore, in una situazione che sul campo si rivela più preoccupante. I negozi sono presi d’assalto perché la gente non ha più nulla. Ogni aiuto sarà utile. Anche molte Caritas da tutto il mondo ci sono vicine”.
“C’è stata una grande gara di solidarietà da tutta la Chiesa indonesiana, nonostante il ripetersi continuo di emergenze”,
conferma Amigoni. Appena fatto il punto sui bisogni Karina/Caritas Indonesia lancerà un appeal tramite Caritas internationalis per raccogliere la cifra necessaria. Si può contribuire anche con donazioni on line tramite il sito di Caritas italiana, indicando la causale “Indonesia”.