La decisione alla fine è stata presa e la reazione di Mosca è durissima. Il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli concede l’autocefalia (indipendenza) alla Chiesa ortodossa ucraina, staccandola in questo modo dall’area canonica d’influenza del Patriarcato di Mosca. La decisione – annunciata l’11 ottobre in tarda serata dal Patriarcato di Costantinopoli – è stata presa dal Sacro Sinodo presieduto dal Patriarca ecumenico Bartolomeo e convocato dal 9 all’11 ottobre. Il Sacro Sinodo ha discusso “a lungo”. Alla fine ha decretato “di rinnovare la decisione già presa, che il Patriarcato ecumenico proceda alla concessione dell’autocefalia della Chiesa di Ucraina”.
Falliti gli incontri al vertice. Sulla questione si erano incontrati, il 31 agosto scorso a Costantinopoli, nella sede del Patriarcato ortodosso ecumenico, il patriarca di Mosca Kirill I e il patriarca ecumenico Bartolomeo. Ma evidentemente la discussione non ha portato ad alcun compromesso. Bartolomeo era ormai deciso a procedere sulla via della autocefalia e, pochi giorni dopo l’incontro, annunciò la nomina di due esarchi in Ucraina, l’arcivescovo Daniel di Pamphilon (Stati Uniti) e il vescovo Ilarion di Edmonton con lo scopo – spiegò al Sir il metropolita Emmanuel – di “vedere risolta la divisione degli ortodossi ucraini”.
Tra Costantinopoli e Mosca è seguito, in questo mese, uno scambio durissimo di dichiarazioni. Il metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa del Patriarcato di Mosca, ha sempre detto che la Chiesa ortodossa russa non avrebbe mai accettato una concessione di autocefalia alla Chiesa ucraina e che in caso fosse successo, il Patriarcato di Mosca avrebbe interrotto “la comunione con Costantinopoli”. Alla minaccia di “scisma”, Costantinopoli ha risposto con la pubblicazione di una dettagliata documentazione storica. Poi l’annuncio della deliberazione finale del Sacro Sinodo nella quale si legge che il Patriarcato ecumenico revoca “il vincolo giuridico della Lettera Sinodale dell’anno 1686, rilasciata per le circostanze dell’epoca”, che concesse “il diritto al Patriarca di Mosca di ordinare il Metropolita di Kiev”. Si proclama in questo modo “la dipendenza canonica della Chiesa ucraina dalla Chiesa madre di Costantinopoli”.
La questione è delicatissima, soprattutto in una terra – come quella ucraina – già attraversata da profonde tensioni e segnata da una guerra nel Donbass che non cessa di fare vittime. Dopo l’inverno di Euromaidan nel 2013, l’annessione della Crimea alla Russia e lo scoppio del conflitto nel Donbass, i popoli ucraino e russo sono profondamente divisi. Per questo, nel comunicato, il Patriarcato ecumenico lancia
un appello “a tutte le parti coinvolte, perché evitino l’appropriazione di chiese, monasteri e altre proprietà, nonché evitino qualsiasi altro atto di violenza o rappresaglia, affinché la pace e l’amore di Cristo possano prevalere”.
Le prime reazioni dalla Russia sono durissime. Oggi Costantinopoli ha preso
”una decisione catastrofica per tutto il mondo ortodosso”,
dice il segretario per la stampa del patriarca Kirill, Rev. Alexander Volkov. “Il Patriarcato di Costantinopoli ha superato la linea rossa, e non per colpa nostra”. E questa decisione “sarà seguita da passi molto tristi che la Chiesa ortodossa russa dovrà compiere in vista della separazione della comunione eucaristica e di altre decisioni che saranno prese”. Vladimir Legoida, presidente del Dipartimento sinodale per le relazioni della Chiesa con i media, parla di un “atto anti-canonico senza precedenti”, collegato “al tentativo di distruggere le fondamenta stesse della struttura canonica della Chiesa ortodossa”.
Le prime reazioni ucraine ovviamente sono di tutt’altro tono. In un messaggio rivolto a tutti gli ucraini, il presidente ucraino Petro Poroshenko ringrazia il Patriarca ecumenico per aver detto sì a un processo “sognato e tanto atteso”. Parla di una decisione che “ha finalmente dissipato le illusioni imperiali e le fantasie scioviniste di Mosca”. E conclude avvertendo che “non appena vedete persone che reclamano monasteri o tempi con la forza, sappiate che sono agenti di Mosca. Poiché l’obiettivo del Cremlino è di alimentare la guerra religiosa in Ucraina. E questo non è sicuramente il mio piano, non è il piano del popolo ucraino né il piano dello Stato dell’Ucraina”. Un avvertimento che lascia intendere che la questione non è per nulla chiusa e che il processo non sarà facile soprattutto perché a rischio c’è il processo di pace nell’area.
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