“Il nostro auspicio è che i soldi raccolti non vengano utilizzati per questa vicenda perché vorrà dire che si è risolta prima”. A parlare oggi al Sir è don Andrea Tenca, direttore della Caritas lodigiana, membro del Coordinamento Uguali Doveri, costituito a Lodi per protestare contro il regolamento del Comune che con balzelli burocratici impedisce, di fatto, a circa 200 bambini stranieri di usufruire della mensa scolastica perché i genitori non riescono ad ottenere i documenti necessari alla riduzione della retta. Al Coordinamento aderiscono varie associazioni tra cui numerose realtà cattoliche, tra cui Acli, il Movimento lotta alla fame nel mondo legato alla Focsiv, le comunità etniche di Ecuador, Cile, Colombia, gli africani francofoni. La raccolta fondi avviata venerdì dal Coordinamento per coprire le differenze di prezzo ha avuto talmente successo (oltre 60.000 euro da 2.000 persone raccolti in poche ore) da sospenderla momentaneamente, in attesa della decisione del Tribunale di Milano a cui è stato presentato il ricorso contro il “regolamento discriminatorio”. Il sito della Caritas, che ha fornito un appoggio al crowdfunding, è andato in tilt. Nel frattempo il ministro dell’interno Matteo Salvini ha annunciato via Facebook che ai bambini stranieri potrebbe bastare l’autocertificazione, invece la sindaca di Lodi Sara Casanova ha confermato che il regolamento resta in vigore. Mercoledì è prevista una riunione della giunta su questa vicenda. Il direttore della Caritas di Lodi si augura “che stiano trovando la via d’uscita”. Sulla decisione di porre delle restrizioni ai bambini stranieri, a suo avviso, hanno influito anche i provvedimenti governativi e il clima che si è creato. In tutto ciò la reazione di solidarietà della società civile è sicuramente una bella notizia inaspettata e “sorprendente”.
Perché il Comitato Uguali Doveri ha deciso di chiudere la raccolta fondi?
Lo abbiamo deciso ieri per
la sorprendente solidarietà che si è manifestata.
Non ci aspettavamo l’arrivo di donazioni da tutta Italia e, perfino, dall’estero in così poco tempo, al punto che il nostro sito è saltato. Noi abbiamo aderito immediatamente al Coordinamento per aiutare le tante famiglie che si rivolgono ai nostri centri d’ascolto e si sono trovate in difficoltà in seguito all’introduzione del regolamento. Siccome il territorio lodigiano è piccolo abbiamo scelto di fare una sola raccolta fondi, anziché tante. Non abbiamo noi la gestione del conto corrente, ci si è appoggiati all’associazione di volontariato Progetto Insieme. Noi abbiamo solo messo a disposizione il sito di appoggio ma sabato e domenica è saltato per le tante adesioni.
È stata una vera azione di resilienza popolare. Qual è la motivazione Caritas?
Sì certo. La nostra motivazione l’abbiamo espressa anche durante la manifestazione pubblica di 10 giorni fa. Vogliamo testimoniare la sfida di una soluzione rapida e positiva, mai discriminante. Incontriamo tante famiglie che stanno vivendo grosse difficoltà nell’accesso ai servizi. Desideriamo il superamento di queste difficoltà, problemi, incomprensioni. Le persone non capivano che documenti dovevano fare, chiedevano ai consolati dei loro Paesi di origine che rispondevano “non è possibile”, andavano in Comune e portavano alcuni documenti ma si sentivano rispondere che non bastavano.
Come Caritas ci sta a cuore il rispetto della dignità di tutti nella condivisione di diritti e doveri ma anche nel sostegno ai più svantaggiati, specie in ambito scolastico,
ma senza mai colpire e coinvolgere i più piccoli. Siamo chiamati a dar voce a chi è in difficoltà. Non smetteremo mai di farlo in un’ottica di giustizia e bene per tutti.
Quali sono invece le giustificazioni del Comune?
Non c’è stata una giustificazione.
È stata una volontà chiaramente discriminatoria.
La volontà di mettere in difficoltà gli stranieri, senza rendersi conto che la richiesta era impossibilitante e, nello stesso tempo, non rispettosa del regolamento Isee all’interno del quale è già previsto che una persona scriva se ha dei possedimenti.
Si tratta di un ragionamento senza una logica.
La parte giuridica spetterà al ricorso che è stato fatto per sentenziare se il percorso fatto è effettivamente discriminatorio.
Quindi una burocrazia eccessiva che produce discriminazione.
Sostanzialmente sì. Da mesi era stato detto al Comune di cambiare il regolamento perché avrebbe creato solo problemi. Che sono aumentati oggi che si è aperta la scuola ma in realtà era già stato impedito l’accesso ad altri servizi. Perché il regolamento riguarda il Fondo anticrisi, ossia le misure sociali di competenza del Comune, come il pagamento di bollette e affitti quando si è in difficoltà, quindi in teoria tutte le prestazioni sociali rilasciate dal Comune.
La vicenda è montata a livello nazionale: come è stata la reazione dei cittadini lodigiani?
Chi ha voluto informarsi ha colto l’assurdità del provvedimento e il carattere discriminatorio e triste nei confronti dei bambini. Alcune persone, insegnanti e famiglie si sono sentiti molto coinvolti anche emotivamente. Chi non si è informato va avanti a forza di slogan.
La bella notizia è la reazione di solidarietà della società civile che riesce a smuovere anche decisioni ingiuste…
Sì certo, anche se la questione è molto tecnica e va spiegata.
La speranza è che il ricorso abbia effetto perché se non passa il timore è che questo modello venga esportato in altri Comuni.
Intravede la possibilità di un dietrofront da parte della sindaca?
Mercoledì dovrebbero affrontare la questione in giunta ma ci stanno mettendo mesi. Penso e spero che stiano trovando la via d’uscita.
Un sindaco di un piccole comune sardo ha proposto il suo modello di mensa ad alta qualità e bassi costi dicendosi disponibile a supportare il Comune di Lodi.
Su queste partite tutti i Comuni hanno arretrati di gente che non paga ma per il regolamento non è stato addotto un motivo economico. È stata una chiara mossa per mettere in difficoltà gli stranieri. Da noi oggi in città è così.
C’è la volontà politica di esprimere un’azione o un’opinione politica che faccia passare l’idea: non vogliamo gli stranieri.
Su tutto ciò hanno influito anche i provvedimenti a livello nazionale, come il decreto sicurezza e immigrazione, la vicenda di Riace, l’annunciato divieto di apertura dei negozi etnici dopo le 21?
È tutto legato.
Qual è allora il suo auspicio?
Il nostro auspicio è che i soldi raccolti non vengano utilizzati per questa vicenda perché vorrà dire che si è risolta prima. Ma questa è una decisione che prenderà il Coordinamento. Come annunciato, se saranno superate le soglie richieste i soldi verranno utilizzati per scopi di aiuto ai bambini, contro qualsiasi forma di discriminazione. Abbiamo interrotto la raccolta proprio per non avere troppi soldi, perché
se il ricorso avrà successo non dovremo nemmeno utilizzarli a questo scopo.