“Cercare un linguaggio comprensibile per parlare con loro”. È stata questa, per il card. Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei e capo del Sinodo della Chiesa caldea in Iraq, la “novità” del Sinodo dei vescovi sui giovani. “Siamo abituati ad un linguaggio tradizionale, che oggi non parla”, l’analisi del cardinale alla sua quarta partecipazione a un’assemblea sinodale: “Oggi bisogna trovare un altro linguaggio. La Chiesa è uscita dal palazzo, è molto vicina e solidale con il mondo”. “Questo Sinodo ci aiuterà a cambiare la nostra pastorale”, la previsione di Sako: “L’importante non è il documento finale, il Sinodo non è un Parlamento politico, è il Sinodo dei padri e dei formatori, dei pastori”. “Bisogna incoraggiare i cristiani a rimanere sul posto, aiutarli ad avere un lavoro, a riparare le loro case”, ha detto il patriarca rispondendo alle domande dei giornalisti sulla guerra in Siria: “Il governo americano – ha aggiunto – ha fatto promesse, ma in realtà finora non c’è stato niente”. Interpellato su quanto sia apprezzato Papa Francesco dal mondo musulmano, Sako ha risposto che quest’ultimo “apprezza molto i discorsi e i gesti del Papa”, come l’abbraccio al grande imam di al-Azhar, durante il viaggio in Egitto. “Bisogna trovare un nuovo vocabolario per dialogare”, l’auspicio: “Le parole sono ambigue, e il mondo musulmano a volte nutre sospetti sul cristianesimo, ma la mia esperienza mi dice che quando spiego la mia fede la rispettano”. Come esempio di progresso nel dialogo tra cristiani e musulmani, Sako ha citato il fatto che “prima nelle moschee, il venerdì, c’era un discorso contro i cristiani e gli ebrei. Ora è una cosa rara”.