Non c’è da stupirsi se nelle aule dell’Università di Torino si contino i capelli che una persona ha mediamente in testa o il totale dei pannolini consumati in Europa in un anno. Probabilmente si sta assistendo a una lezione del corso di “Fisica per cittadini”, ideato per imparare a scovare le false notizie in Rete ma non solo. A guidare il gruppo di lavoro è da tre anni Lorenzo Magnea, fisico teorico e docente dell’ateneo, insieme al collega Giuseppe Tipaldo, sociologo della scienza e ricercatore.
Perché un fisico si mette a caccia di fake news?
Gli scienziati cercano la verità con grande sforzo e rigore. Vederla maltrattata tocca le nostre sensibilità.
I dati scientifici, in particolare, sono oggetto di propaganda falsa: dai vaccini ai cambiamenti climatici.
In una democrazia le opinioni e le decisioni vengono prese sui fatti, e se questi sono presentati in maniera non corretta è un problema.
Ma cosa c’entra la fisica con l’informazione?
Non solo la fisica, ma anche la biologia, la medicina e le altre scienze. Nel corso, ad esempio, parlo di radioattività, centrali nucleari ma anche di questioni che non sono di mia competenza specifica. È un sapere trasversale, tanto è vero che vorremmo ampliare la docenza a medici e informatici. Partecipano anche tante persone che non sono studenti. L’università italiana, essendo pubblica, prevede che le lezioni siano aperte a tutti. Chi vuole partecipare è ben accetto. Almeno 20 persone ogni anno venivano da fuori. Adesso abbiamo superato i 70 studenti totali. Il corso si tiene nel dipartimento umanistico ed è un esperienza interdisciplinare: studenti di politica, sociologia, scienze internazionali.
Qual è il primo campanello d’allarme per capire che una notizia è falsa?
Il tono.
Quando una notizia viene data con sarcasmo, maleducazione, aggressività o quando si dice non è mai stata data da nessuno prima. Allora si devono drizzare le antenne.
La maggior parte delle cose raccontate in questo modo, infatti, sono come minimo distorte. Le notizie scientifiche e politiche che hanno basi fondate, tendono a essere presentate con toni pacati e impersonali. Sono un po’ più complicate da comprendere, occorre pazienza. Poi bisogna controllare la fonte. E questo passaggio è incredibilmente trascurato. Una notizia dell’Oms dovrebbe avere più credibilità di una proveniente dal sito sotuttoio.com.
Le persone trascurano questi aspetti?
Abbiamo scoperchiato il vaso di Pandora. Ci sono modalità di comunicazione che non sono nuove, ma siamo tutti impreparati al loro utilizzo con le nuove tecnologie.
Ci vengono fornite le notizie da un algoritmo tarato per rispondere già alle nostre preferenze e rafforzare talvolta i nostri pregiudizi.
Avveniva già con i media tradizionali, ma oggi accade con una intensità senza precedenti.
Ci sono strumenti utili per distinguere il vero dal falso o, più difficile, dal verosimile?
Dopo aver verificato la fonte, bisogna capire quali sono quello di livello alto e che hanno una reputazione seria. È difficile che qualcuno sappia cose di cui nessun altro sia a conoscenza. Su internet dire cose anticonvenzionali, con lo slogan “non te lo dice nessuno”, rovescia i normali criteri di verità.
Se qualcuno mi dicesse una cosa non plausibile, che contraddice il sapere diffuso a disposizione di tutti, le spiegazioni che questa persona sarebbe obbligata a fornire dovrebbero essere elevate. Invece, incredibilmente, queste affermazioni vengono prese come criterio di onestà. Bisogna rovesciare questa pratica.
Non bisogna poi lasciarsi intimorire dai grandi numeri, che non fanno parte della vita quotidiana. Pensiamo alle misure economiche da 40 miliardi di euro: nessuno ha confidenza con questi ordini di grandezza. Tendiamo a rifiutarli, perché poco comprensibili e non decodificabili rapidamente. Così vengono diffuse informazioni false, talvolta anche banalmente per un semplice errore nel riportare le cifre.
I numeri possono, dunque, essere un indizio per capire se una notizia è corretta?
Non per tutte le notizie, naturalmente. Ma non dobbiamo avere pura dei numeri. Se abbiamo la pazienza di imparare a gestire almeno gli ordini di grandezza dei numeri, non ci faremmo ingannare poi tanto facilmente. Verificare se tagliare le pensioni da 5mila euro o diminuire i parlamentari siano iniziative che risolvono i problemi del Paese, non è un calcolo impossibile. È meno difficile di quello che si crede. Eppure tanti ragazzi usciti da licei e con una cultura rispettabile, faticano a rapportarsi con gli ordini di grandezza delle cose.
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