ROMA – Al termine di una sua conferenza tenuta presso l’Accademia Urbana delle Arti, abbiamo intervistato in esclusiva per il nostro giornale diocesano L’Ancora, Mons. Guido Marini, cerimoniere pontificio prima di Benedetto XVI e ora di Papa Francesco.
Lei ha partecipato al Conclave del 2013 che ha eletto Papa Francesco e in qualità di cerimoniere pontificio ha intimato l’Extra omnes, la celebre frase con la quale tutti coloro che non hanno diritto a partecipare al Conclave sono invitati ad uscire dalla Cappella Sistina. Ci può raccontare un’emozione, un momento che l’ha colpita e che le è rimasto nel cuore?
Penso a ogni Conclave sia un momento particolare per la vita della Chiesa e per chi in prima persona lo vive. L’ultimo Conclave forse è stato con una particolarità in più, proprio perché avveniva dopo un altro momento particolare come quello delle dimissioni di Papa Benedetto XVI, per cui mi pare di poter dire che un po’ tutto il Conclave è stato caratterizzato da grandi emozioni. Se devo ricordare però un momento che mi rimane nel cuore, bello e allo stesso tempo molto emotivamente coinvolgente, è stato quello nel quale i cardinali sono entrati nella cappella Sistina, al canto delle litanie dei santi, portandosi davanti al Giudizio di Michelangelo. Ecco, credo che sia stato molto significativo, perché era davvero come entrare in una dimensione diversa dal normale, dal quotidiano, in quanto entrare dentro al mistero di Dio e della sua Chiesa.
Lei assiste il Santo Padre durante le varie celebrazioni liturgiche. Cosa la colpisce in particolare quando Papa Francesco celebra la Santa Messa?
Fin dall’inizio sono stato molto impressionato dal raccogliemento con il quale il Santo Padre celebra la liturgia, la Messa. Noi siamo abituati a vederlo sempre molto affabile, pronto a dedicarsi completamente agli altri, anche nelle udienza del mercoledì quando passa in mezzo alla gente, si ferma con tutti, saluta tutti e si ferma con la gente finché può. Quando poi invece partecipa alle celebrazioni, per esempio quando entra in chiesa o in Piazza San Pietro, non guarda mai nessuno, con lo sguardo rivolto verso il basso proprio perché in quel momento vuole essere concentrato sul mistero che si celebra e soprattutto non attira l’attenzione su di sé e desidera che i fedeli capiscano in quel momento che non è lui il centro, ma tutti siamo chiamati a rivolgere lo sguardo al centro, al protagonista, che è il Signore. Ecco questo tratto di raccoglimento, quasi questa volontà di nascondimento perché emerga il Signore, mi sembra una caratteristica importante.
Che cosa a suo avviso è necessario evitare durante la liturgia?
A me pare che faccia tanto male alla liturgia l’essere troppo protagonisti, dimenticando che tutti noi siamo in liturgia servitori e ministri, che devono fare emergere la presenza e l’opera del Signore. Questo vale per tutti, a partire da noi, che siamo anche molto visibili come sacerdoti e ministri e che dobbiamo essere come San Giovanni Battista che indica un Altro, che indica Gesù e tutto quello che nel nostro modo di celebrare dovesse essere impedimento a questo, noi dobbiamo toglierlo dalle nostre abitudini. Quando può capitare che nelle celebrazioni si vede emergere troppo il protagonismo di noi sacerdoti o di altri ministri credo che questo sia un male la liturgia.