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Bulgaria: una legge contro la libertà religiosa

Iva Mihailova

Contro la Costituzione, un’ingerenza indebita da parte dello Stato negli affari interni delle confessioni religiose. È la valutazione unanime da parte di tutte le confessioni presenti in Bulgaria contro le modifiche della legge sui culti già approvate dal parlamento in prima votazione l’11 ottobre. Nonostante il parere negativo della Chiesa ortodossa bulgara (alla quale appartiene la maggioranza dei bulgari), degli islamici che rappresentano il 10%, della Chiesa cattolica e delle comunità protestanti. “Abbiamo sollevato le nostre perplessità ancora a maggio, subito dopo la presentazione della legge”, spiega al Sir don Petko Valov, rappresentante della Chiesa cattolica presso il gruppo consultorio per le modifiche della legge sui culti, “ma i deputati hanno deciso di proseguire comunque”.

Cosa preoccupa i cattolici? “È evidente che la legge non è buona perché tutte le confessioni sono contrarie. In pratica, con la scusa della lotta contro le correnti radicalizzate delle religioni, lo Stato limita le libertà di culto”, afferma don Valov. A suo avviso, “per difendere la sicurezza nazionale ci sono altre leggi e modi, mentre la legge sui culti non deve difendere la società dalle religioni, la sua filosofia è di definire la libertà di culto”. “La legge – afferma mons. Christo Proykov, presidente della Conferenza episcopale bulgara e firmatario della posizione dei cattolici presentata al parlamento – è una restaurazione dei permessi che erano richiesti durante il comunismo, tratta in modo diseguale le confessioni religiose registrate, viola i principi dello Stato di diritto, nega la libertà delle religioni in conflitto con la Costituzione e gli atti internazionali ai quali la Bulgaria aderisce”.Le norme più preoccupanti per i cattolici riguardano l’autorizzazione necessaria per i sacerdoti stranieri, il controllo totale di tutte le entrate delle confessioni da parte dalla Direzione per i culti e il permesso necessario per le donazioni dall’estero che dipende nuovamente dalla Direzione per i culti.“Praticamente al dicastero incaricato vengono attribuite tantissimi poteri; e questa Direzione non ha neanche la capacità amministrativa di sopportare un simile peso”, si meraviglia don Valov.

Sussidio statale per ortodossi e musulmani. La protesta dei vescovi bulgari riguarda anche il sussidio statale previsto dalla legge solo per gli ortodossi e l’islam, le uniche due confessioni al di sopra dell’1% della popolazione. “Questo – afferma mons. Proykov – discrimina le confessioni tradizionali per la Bulgaria, come la Chiesa cattolica. Il sussidio dovrebbe essere in base al numero degli appartenenti alla comunità, indipendentemente dalla percentuale che rappresentano”. “È un’ingiustizia nei confronti delle comunità religiose minoritarie – aggiunge don Valov – perché l’aiuto statale agli ortodossi sarà di 5 euro a fedele mentre i cattolici riceveranno 0,50 centesimi a fedele e questi soldi i cattolici li potranno usare solo per lavori di restauro” di edifici di culto. Per questo i vescovi bulgari ritengono il contenuto della legge “discriminatorio, che minaccia la libertà delle confessioni e prevede un intervento inaccettabile da parte dello Stato sull’autonomia delle Chiese e delle religioni presenti in Bulgaria”.

La posizione degli ortodossi. Nella posizione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa invece si legge che “le Chiese e i culti non vengono guidati dal principio degli Stati nazionali e della cittadinanza. Alcune delle confessioni si sarebbero estinte se non fossero state finanziate dalle loro sedi centrali”. “È un appoggio a noi cattolici e ai protestanti e ne siamo grati”, commenta padre Valov.Gli ortodossi sono fortemente contrari anche alla norma che prevede la dichiarazione delle donazioni perché “la donazione è parte della vita religiosa intima dei fedeli e non può essere oggetto di regolamento da parte dello Stato”.“I cambiamenti – scrivono i metropoliti ortodossi – sono ambigui e non porteranno al risultato richiesto. Necessitano di un ripensamento serio per non mettere in dubbio la ormai consolidata buona collaborazione tra lo Stato e la Chiesa”.

Una legge contro l’islam radicale. Secondo gli autori delle modifiche nella legge, l’essenza del decreto sarebbe contrastare l’islam radicale, il terrorismo e le correnti fondamentaliste che arrivano dall’estero. “In Bulgaria non ci sono mai stati delitti a sfondo religioso, nessun musulmano è stato accusato di questo”, spiega il vice gran muftì Birali Birali. Si dice d’accordo anche l’esperto di questioni religiose, Mihail Ivanov: “l’ostacolo maggiore all’estremismo nel Paese è la stessa comunità musulmana che non lo accetta”. Aggiunge: “Il giusto approccio è favorire una forte confessione musulmana che garantisca la pace tra i suoi fedeli. Per questo è necessaria un’educazione buona, un funzionante Istituto islamico superiore”. Proprio l’Istituto islamico superiore non ancora accreditato preoccupa il gran muftì Mustafa Hadzi che ha espresso le sue perplessità riguardo le modifiche al primo ministro Boyko Borissov. “Non abbiamo abbastanza professori e allora siamo costretti a invitarli dall’estero”.

La lettera degli intellettuali. A favore della protesta delle confessioni si è schierato anche un gruppo di intellettuali composto da nomi molto famosi in Bulgaria. “Le modifiche sono molto controverse – affermano – e minacciano le fondamenta della democrazia mettendo a rischio la libertà delle confessioni con un’ingerenza inammissibile da parte degli organi di controllo statali nella vita interna delle Chiese e le comunità religiose”.Dunque, la posizione delle religioni riguardo le modifiche è chiara, nettamente contraria.La loro speranza risiede ora nel gruppo di lavoro al quale partecipano anche rappresentanti delle confessioni, per redigere i testi prima della seconda votazione in parlamento. Le modifiche da apportare “rappresentano una parte consistente del progetto di legge – afferma don Petko Valov –, comunque è necessario un cambiamento consistente, altrimenti la legge non è più per i culti ma contro i culti”.