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40° Centro Famiglia di San Benedetto, Vescovo Bresciani: “Impegno serio a favore della famiglia”

DIOCESI – “Quarant’anni sono un lungo periodo, sufficiente per dire che non si è trattato di un fuoco di paglia, ma di un impegno serio a favore della famiglia”.

Con queste parole il Vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Mons. Carlo Bresciani, ha aperto la sua omelia in occasione della celebrazione per i 40 anni del Centro Famiglia di San Benedetto del Tronto.

Vescovo Bresciani: “Coloro che hanno fondato questo “Centro famiglia” hanno avuto uno sguardo che sapeva guardare lontano ed una motivazione che andava oltre il contingente e la ricerca di consensi facili quanto facilmente evanescenti.
In questi quaranta anni, tra il disinteresse pressoché totale delle istituzioni pubbliche, quando non addirittura di una vera e propria ostilità, la famiglia è andata incontro a una crisi sempre più profonda, con ricadute gravissime sui singoli, sui figli e sulla società intera. Se la legislazione non è l’unica causa di tutto ciò, non si può certo dire che essa abbia cercato di porvi rimedio: ha solo assecondato le spinte individualistiche della cultura attuale che mettono sempre più in crisi le relazioni, anche quelle affettive, lasciandole in balia di sentimenti ondivaghi e molto fragili per la mancanza del supporto del contesto sociale. Ne risentono fortemente le persone sempre più afflitte da solitudine e dalla difficoltà a trovare la propria identità, ne risente fortemente la famiglia, ma inevitabilmente ne risente anche la compagine sociale che fatica sempre più a trovare elementi di coesione nel dilagare degli egoismi individuali e di gruppo.

L’immagine della povera vedova sola, di cui ci parla il Vangelo di oggi, richiama fortemente la solitudine in cui versano oggi non solo i vedovi, ma i separati, i figli senza un papà e una mamma uniti che si prendono cura di loro, i nonni affidati a badanti che, per quanto generose, non sono la propria famiglia, e così via.
Anche la Chiesa, per certi aspetti, assomiglia a questa povera vedova che ha solo due monetine da mettere in campo per andare incontro ai bisogni e alle fragilità attuali della famiglia: ci si sente così piccoli di fronte ad immense necessità, a tante fragilità e ferite profonde che attraversano le relazioni umane e i rapporti affettivi interrotti. Ma la Chiesa continua a gettare le due monetine di cui dispone in tanti modi: uno è attraverso il “Centro famiglia”, cui va tutta la nostra gratitudine e il nostro incoraggiamento. Sono le monetine delle quali Gesù può dire: “ha gettato più tesoro di tutti gli altri”, non per il loro valore materiale; non perché sono in grado di porre rimedio a tutto, ma per il significato umano e spirituale che le due monetine hanno. Sono monetine che costruiscono e ricostruiscono, non monete sonanti che distruggono. Sono monetine che non occupano i mass-media (per loro passano praticamente inosservate, come sarebbe passata inosservata la povera vedova, se Gesù non l’avesse fatta notare), ma mantengono viva la linfa buona della famiglia nella Chiesa e nella società. Quindi due monetine molto preziose. Dobbiamo dire no a chi agisce sulla logica: possiamo fare poco, quindi non facciamo nulla. Non è la logica del Vangelo. Il ‘tutto o niente’ manda in crisi le relazioni e, quindi, anche le famiglie.

La vedova getta le sue monetine e sembra che nessuno se ne accorga: non c’è lo strillone che grida quanto è stato gettato da lei. È troppo poco agli occhi superficiali quanto ha dato, lo strillone grida solo per altro.
Solo Gesù se ne accorge e ne comprende il valore. Materialmente quello che ha dato è poco, ma il cuore con il quale l’ha dato è grande. Anche quello che ha dato la vedova di Sarepta era poco: un pugno di farina e un poco di olio, tutto quello che gli restava prima di morire di fame. Ma quel poco che ha dato ha salvato, oltre sé e il proprio figlio, anche il profeta Elia e restarono vivi fino alla fine della siccità.
L’individualismo non è la ricchezza della persona, ma la sua povertà. Non è promuovendo solo i diritti individuali che si costruiscono le relazioni, la famiglia e la società. Non sono le cose materiali che costruiscono le relazioni, ma il cuore, il quale non può essere lasciato allo spontaneismo, ma deve essere educato; non è la chiusura su di sé che costruisce la famiglia, ma il donare, come fanno le due vedove di cui ci hanno parlato le letture della parola di Dio; non è l’affermare se stessi e i propri desideri, ma l’andare incontro all’altro con comprensione e sostegno che rende salda la relazione. Sono questi valori che costruiscono le relazioni umane solide e la famiglia. Ma la società sembra strillare solo per altro. Propaganda come progresso solo ciò che disgrega la famiglia, non volendo accorgersi di quanto questo costi in termini umani, economici e sociali.
Il “Centro famiglia” in questo contesto è chiamato, ispirandosi al Vangelo, a prevenire le ferite della famiglia e a riparare con paziente opera di sarto quelle che purtroppo sono state procurate. Proclama il Vangelo della famiglia non con le parole, ma con l’opera di accompagnamento professionale clinico e psicologico, mantenendo aperta la locanda dove chi è ferito possa trovare chi si prende cura di lui. Spetta ad altri ambiti della pastorale annunciare direttamente il Vangelo della famiglia e anche questo è un modo di prendersi cura della famiglia da parte della Chiesa.
È l’amore alla famiglia che muove ad intraprendere un’opera così preziosa che avrebbe bisogno di più considerazione e valorizzazione anche da parte degli enti pubblici e della legislazione di un paese civile, perché la famiglia, prima ancora di essere un grande tesoro della Chiesa, è un bene sociale primario, fondamento e origine di ogni società.
Carissimi, sappiamo di avere tra le mani un tesoro prezioso da custodire -la famiglia-, ma anche pochi mezzi per farlo. Siamo chiamati anche noi a fare come le due vedove di cui ci ha parlato la parola di Dio oggi: donare con generosità il poco che abbiamo, quello che possiamo, sapendo che ci sarebbe bisogno di molto di più. Lo facciamo però con gioia, perché non confidiamo soltanto nei nostri mezzi umani, ma in quello che Dio può fare, quando noi mettiamo a disposizione le due monetine o i cinque pani e i due pesci: Egli dal poco sa trarre una sorprendente abbondanza. Questa è sempre stata la logica di Dio e del Vangelo e la sua fecondità nel mondo: il lievito, se è buono, feconda tutta la pasta.
Che il Signore ci aiuti ad essere lievito buono dentro la nostra Chiesa e dentro il nostro mondo!

Redazione: