Il brano del Vangelo di Marco di questa domenica – l’obolo della vedova – riporta alla mente una frase pronunciata da Madre Teresa di Calcutta, rivolta alla persona che le offriva una casa per aprire una comunità. Non avendo ancora deciso cosa fare, se aprire o meno un centro in quella città, e di fronte all’insistenza della persona che le diceva di prendere intanto le chiavi e poi avrebbe avuto tutto il tempo per decidere, la religiosa, guardandolo negli occhi, le rispose: “Quello che non mi serve, mi pesa”.
Per la fondatrice delle Missionarie della carità, proclamata santa da Papa Francesco il 4 settembre 2016, essere accanto ai più poveri tra i poveri aveva senso solo nell’essenzialità della propria esistenza, nella gioia del dare tutto ciò che si riceve, senza tenere nulla per sé. È l’immagine della vedova narrata da Marco che dona la sua offerta – “due monetine che fanno un soldo” – e il gesto diventa icona per la Chiesa.
In un certo senso, il brano di Marco è sintesi della terza enciclica di Papa Benedetto XVI, Caritas in veritate: “Solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta. La verità è luce che dà senso e valore alla carità […] Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente”.
Nel brano di Marco ci troviamo di fronte a due figure diverse, due stili di vita, uno giusto, e l’altro non corretto per Gesù. Lo scriba ostenta la sua religiosità, forse non crede nemmeno in quello che fa, ma lo compie solo per avere un riconoscimento dagli altri, per essere indicato come colui che è in prima fila, pronto a battersi il petto pubblicamente e a dare platealmente. Gratuità, libertà, bellezza sono parole vuote per lui. Dall’altra parte c’è la vedova con le sue due monetine. Nella società ebraica, insieme agli orfani, le vedove sono tra le categorie più sfortunate: non solo devono sopportare il dolore di una perdita, ma non possono nemmeno trovare sostegno materiale nell’eredità del consorte. La vedova narrata da Marco, dunque, in silenzio, senza clamore e senza ostentazione, non dà il superfluo ma “tutto ciò che aveva per vivere”. Francesco all’Angelus dice: “Proprio in questa umiltà, ella compie un atto carico di grande significato religioso e spirituale”. Nello stesso tempo, indicando ai discepoli questa donna, Gesù “smaschera questo meccanismo perverso, e denuncia l’oppressione dei deboli fatta strumentalmente sulla base di motivazioni religiose, dicendo chiaramente che Dio sta dalla parte degli ultimi”. Ancora: “Le bilance del Signore sono diverse dalle nostre. Lui pesa diversamente le persone e i loro gesti: Dio non misura la quantità ma la qualità, scruta il cuore, guarda alla purezza delle intenzioni”. L’immagine della vedova e del suo obolo, diventano allora messaggio contro l’ipocrisia, tensione verso la verità e ricerca di uno stile di vita essenziale: “Quando siamo tentati dal desiderio di apparire e di contabilizzare i nostri gesti di altruismo, quando siamo troppo interessati allo sguardo altrui e, permettetemi la parola, quando facciamo ‘i pavoni’, pensiamo a questa donna. Ci farà bene – dice Papa Francesco – ci aiuterà a spogliarci del superfluo per andare a ciò che conta veramente, e a rimanere umili”.
Parole a una settimana dalla Giornata mondiale per i poveri, che si celebra domenica prossima, auspicio per favorire “una crescente attenzione alle necessità degli ultimi, degli emarginati, degli affamati”. In piazza san Pietro è stato realizzato, a ridosso del colonnato di sinistra, un presidio sanitario, per offrire cure a quanti sono in difficoltà. Parole, ancora, nel giorno in cui si ricorda la fine della Grande Guerra, l’“inutile strage” per Benedetto XV. “La pagina storica del primo conflitto mondiale – dice il vescovo di Roma, all’Angelus – è per tutti un severo monito a respingere la cultura della guerra e a ricercare ogni mezzo legittimo per porre fine ai conflitti che ancora insanguinano parecchie regioni del mondo. Sembra che noi non impariamo. Mentre preghiamo per tutte le vittime di quella immane tragedia, diciamo con forza: investiamo sulla pace, non sulla guerra”.