“È un impegno decisivo, a cui contribuirà il confronto tra noi, nei gruppi di lavoro come nel momento assembleare”, ha proseguito il cardinale introducendo i lavori. “La votazione finale del testo presenta ancora alcune decisioni rilevanti che siamo chiamati a condividere”, ha poi reso noto riferendosi, in particolare, alla questione della traduzione della supplica “et ne nos inducas in tentationem” (e non ci indurre in tentazione, ndr.) del Padre nostro: “Si tratta di una decisione da assumere con sapienza teologica e con saggezza pastorale, nella consapevolezza che il Pater è non solo parte integrante dell’Ordo Missae, ma si configura anche come ‘la’ preghiera, che ritma il respiro orante del popolo di Dio”, ha puntualizzato il presidente della Cei. In sintesi, per Bassetti, “sarà importante non sviare dal compito di impostare con lungimiranza una pastorale liturgica della recezione del Messale, perché la variazione di traduzione sia un’ulteriore occasione per quella formazione operosa e paziente affidataci dalla Sacrosanctum Concilium”. L’approvazione della terza edizione italiana del Messale Romano costituisce, infatti, “l’atto finale di un lungo lavoro di studio, ricerca e confronto” – ha ricordato Bassetti – che “ha attraversato diverse stagioni della vita ecclesiale: dall’Istruzione Liturgiam authenticam del 2001 al Motu proprio di Papa Francesco dello scorso anno, Magnum principium, che – in conformità al dettato conciliare – riconsegna alle Conferenze episcopali la grande responsabilità di ‘approvare’ la traduzione dei libri liturgici. A ben vedere, non si tratta soltanto di una questione pratica, procedurale, ma di una tappa significativa del processo di riforma della Chiesa nella prospettiva della sinodalità”. Già l’Evangelii gaudium, del resto, “auspica un ritorno a tale modello, vissuto dalla Chiesa soprattutto in epoca patristica”, ha precisato il presidente della Cei citando il Papa, che scrive, citando a sua volta la Lumen Gentium: “Il Concilio Vaticano II ha affermato che, in modo analogo alle antiche Chiese patriarcali, le Conferenze Episcopali possono portare un molteplice e fecondo contributo, affinché il senso di collegialità si realizzi concretamente”.