SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Abbiamo intervistato Claudio Pupi, sambenedettese di anni 38, di professione fotografo e grafico pubblicitario, che da poco è tornato da un pellegrinaggio lungo 1500 km che da Irùn lo ha portato a Fatima
Sei partito a piedi da Irùn nel confine nord tra Spagna e Francia e sei arrivato a Santiago De Compostela e poi hai proseguito fino a Fatima, ma questa non è la prima volta che visiti la tomba dell’apostolo Giacomo o che fai un lungo pellegrinaggio, vero?
Verissimo! Tra Settembre e Ottobre 2015 sono riuscito a trovare il coraggio per poter realizzare il mio primo cammino di Santiago percorrendo, a piedi, i 900 km che separano Saint Jean Pied De Port (piccolo paesino sui Pirenei francesi) a Santiago De Compostela e giù fino all’Oceano Atlantico nella piccola città di Muxia e quella di Finisterre, il punto più ad ovest dell’antico continente! Solo qualche mese dopo il cammino si era trasformato in un esigenza, non riuscivo a pensare ad altro. Così ho avuto un’idea che al solo pensiero ancora mi mette i brividi: arrivare a Santiago de Compostela partendo “da casa” esattamente come i pellegrini nel medioevo! Così, nel marzo 2016, sono partito con solo il mio zaino e le mie scarpe da Roma, unendo quattro antiche vie di pellegrinaggio: la “Via Francigena” che da Roma mi ha fatto arrivare fino alle Alpi francesi nel passo del Monginevro; la “Via Domitia” che dalle Alpi mi ha fatto scendere fino alla città di Arles; la “Via Tolosana” la quale da Arles mi ha portato di nuovo a Saint Jean Pied De Port e da lì ho rifatto il “Cammino Francese” (il cammino di Santiago). Sono arrivato a Santiago de Compostela e poi a Finisterre alla fine di Luglio, dopo quattro mesi di cammino e 3200km percorsi. Ma dopo un viaggio così, ci si può fermare? L’unica risposta che mi sono dato era no! Così nei primi di Agosto 2017 sono partito ancora, questa volta da Siviglia, nel sud della Spagna, percorrendo un’antica via romana chiamata “Via De La Plata” che poi ho unito al “Cammino Sanabrese” (una variante del cammino di Santiago). Un cammino climaticamente davvero duro, che mi ha fatto passare dai 50 gradi dell’Andalusia e dell’Estremadura ai 10 della Galizia.. Dopo essere arrivato alla tomba dell’apostolo, anche questa volta, ho raggiunto Muxia e poi Finisterre alla fine di Settembre con 1200km percorsi. E così sono arrivato a quest’anno, volevo percorrere tutti i principali cammini che portano a Santiago De Compostela e così, mappa alla mano, ho “unito i puntini” come si suol dire! Il 12 Agosto sono partito dalla città di Irùn, nella Spagna Basca, al confine con la Francia, per percorrere quello che viene chiamato il “Cammino Del Nord”. Questo cammino, conosciuto per la sua durezza, mi ha condotto, tra coste e promontori incantati, fino alla città di Oviedo. In Oviedo, dopo aver visitato la cattedrale che contiene tra le più importanti reliquie cristiane come il Santo Sudario di Cristo, sono partito alla volta di Santiago De Compostela attraverso uno dei percorsi più belli di Spagna: Il “Cammino Primitivo”. Questo cammino si snoda tra le impervie montagne delle Asturie e prende il suo nome perché fu il primo cammino jacobeo della storia ad essere percorso. Fu infatti il re cristiano di Asturias, Alfonso II, a dirigersi per primo verso la tomba dell’apostolo, utilizzando proprio questo cammino. Una volta arrivato a Santiago sono ripartito alla volta di Fatima utilizzando un’altra via di percorrenza: il “Cammino Portoghese”. Questo cammino mi ha condotto fino al sud del Portogallo attraversando città stupende come Porto, Coimbra o Tomar, fino alla pacifica Fatima dopo quasi due mesi di cammino e 1500km alle spalle.
Cosa ti ha spinto a metterti in pellegrinaggio?
Inizialmente il mio desiderio era quello di fuggire. Volevo fuggire da uno stile di vita opprimente e consumistico di cui ero totalmente schiavo, fuggire da una situazione lavorativa demotivante e ripetitiva, dove la certezza di un contratto era diventata la mia prigione, fuggire da quello schema, casa, lavoro, letto, che uccide la creatività. Sembra facile a dirsi, ma ho dovuto davvero lottare contro giudizi e paure per poter trovare il coraggio di partire per la prima volta, abbandonandomi ad un idea, forse ad una voce interiore che gridava di cambiare. Uscito “dalla grotta” ho scoperto un mondo aperto, diverso da come veniva illustrato da chi cerca di sottometterci a regole di potere, un mondo dove le persone si aiutano tra di loro e dove, per la prima volta, ho scoperto il vero concetto di libertà e di felicità. Tutti gli altri cammini sono stati la continuazione naturale del primo, è come se dal 2015 non abbia smesso mai di camminare!
Puoi dirci come trascorre la giornata di un pellegrino?
La giornata di un pellegrino inizia presto, alle prime luci dell’alba quando ripiega il sacco a pelo nello zaino e si chiede se ce la farà anche oggi, se troverà un bar, se riuscirà a trovare un bagno accogliente, se incontrerà un buon posto per dormire, se incontrerà qualcuno con cui parlare, se smetterà di piovere o di fare così caldo… Tanti “se” che si dissolvono al primo passo all’esterno e che avranno una risposta al momento giusto. Il primo insegnamento del cammino è pensare al “qui ed ora” e non ti dà tempo per inutili paure. La giornata continua camminando. Ogni secondo il paesaggio cambia e sale la consapevolezza che quello che vedi come un albero, una montagna, una casa, una mucca o qualsiasi altra cosa, è lì per te in quel momento e che quello stesso istante non tornerà mai più uguale. Il cammino, infatti, non è un circuito, si può andare solo avanti e mai più si tornerà sullo stesso punto. Tutto è scandito dalle proprie necessità e si capisce, con il passare dei giorni, che è davvero importante ascoltare le esigenze del proprio corpo, rispettandosi ed avendo cura di se stessi, d’altronde si è “in mezzo ad una strada” a migliaia di chilometri da casa: chi, se non tu, dovrà pensare a te? Gli insegnamenti giornalieri del cammino arrivano non solo attraverso il cammino ma anche attraverso le persone che incontri e sono davvero tanti i pellegrini con cui puoi dividere un pezzetto del tuo cammino e del tuo tempo, arricchendoti di storie di vita tra risate e lauti banchetti, condividendo lacrime e difficoltà. La sera si arriva a questi “Albergue” che sono degli ostelli a buon prezzo riservati solo ai pellegrini, dove si può trovare ristoro in un letto, una doccia ed un pasto caldo per poi ricominciare la mattina successiva.
Durante il viaggio hai avuto un fedele compagno, il tuo zaino. Cosa hai portato di essenziale?
Il meno possibile e l’esperienza mi insegna che “il meno possibile” è anche troppo! I pellegrini medievali partivano con un bastone, una borraccia d’acqua ed una sacca che mantenevano aperta ed accessibile a chiunque volesse prendere o donare qualcosa. Il mio, invece, è uno zaino “superfigo” da 12 chili e questo dimostra quanto ancora ho da imparare! Più che del suo interno che si limita a qualche cambio, a qualche protezione dalla pioggia o dal freddo, a qualche accessorio per la doccia e ad un sacco a pelo, vi dirò ciò che sono riuscito a togliere e che mi pesava molto. Ho tolto il giudizio, esterno ed interno, che limitava la mia crescita spirituale ed ho tolto le mie paure più assurde trasformandole in piccoli atti personali di coraggio. Ora sento il mio zaino molto più leggero ma nonostante questo ho ancora una strada lunga da percorrere…
Si dice spesso che il pellegrinaggio sia la più compiuta metafora della vita. Ti senti di condividere questo pensiero?
Ovviamente è così, anche perché, il primo atto necessario alla partenza, è mettere in “pause” la vita corrente e ricominciarne un’altra, più breve, in un altro stato ed in condizioni sconosciute. Tutti i pellegrinaggi partono così, con un grande salto, un abbandonarsi alla vita in maniera incondizionata verso qualcosa che non si conosce. Camminando si apprende di nuovo a vivere ma questa volta senza scorciatoie né trucchi, si comprende il grande valore degli altri e quello della natura, cose che noi abbiamo totalmente dimenticato in quella che erroneamente chiamiamo “la vita normale”. Nel cammino si capisce quanto è necessario volere bene al nostro corpo e quanto è importante donare e donarsi agli altri. Il cammino è anche sofferenza, fatica, sconforto, ma, andando avanti, si capisce quanto questo sia necessario al raggiungimento della felicità. Tutte le nostre paure non risolte, i nostri pensieri negativi ed i problemi che abbiamo avuto nel nostro passato non scompaiono nel cammino, anzi, vengono fuori in altre forme attraverso le persone che si incontrano o le diverse necessità di questa “vita parallela” che si sta percorrendo. È proprio questo che ti dà, finalmente, la possibilità di vedere in faccia i tuoi errori e di risolverli, evolvendo da situazioni stagnanti. Il cammino finisce, non a caso, a Finisterre con il rito di vedere morire il sole che scompare nell’oceano. In quel momento tutta la tua “vita del cammino” ti passa davanti e scopri di dover ringraziare tutte le paure, i dolori e la fatica che hai passato, perché ti hanno permesso di essere stato lì, presente e vivo in questo attimo dell’universo che è stato il tuo Cammino.
Possiamo dire che sei stato un pellegrino 2.0?
Forse sì, anche io ho avuto l’esigenza di “postare” su Instagram e nei vari social il mio cammino, inizialmente era per far sapere dove mi trovavo a parenti ed amici preoccupati, poi invece ho capito la grande utilità del mezzo di comunicazione, sopratutto nel far capire che questo era qualcosa di fattibile, che ogni persona può fare senza nessun impedimento di tempo, forma fisica o di età; se ci sono riuscito io! Da premettere che nel mio primo cammino ero partito lasciando un lavoro a tempo indeterminato, con le ginocchia gonfie e la fascite plantare ad entrambi i piedi per aver “provato” ad allenarmi un po’ prima di partire, girando disperatamente tra diversi dottori che dicevano: “Ma dove vai?” o “Non puoi: è impossibile!” e tutto il mio primo cammino è stato un prolificare di vesciche dolorosissime. Forse non sarò un esempio, ma una fonte di ispirazione a crederci spero di sì! Per questo ogni giorno rispondo a moltissime persone che mi scrivono sui social, dando consigli tecnici e meno tecnici. Così ho continuato a postare ed a creare dei racconti di viaggio su YouTube, per dare una speranza a tutti coloro che, come me, erano schiavi dell’insicurezza e della paura.
Katia Boller
Leggere la tua intervista e sentirti e soprattutto vedere il tuo splendido sorriso al Mondo Insieme da Licia Colò mi ha commossa. Sarà che anch'io cammino tanto tra le mie montagne per non pensare o forse per riflettere. Per cercare di trovare un senso alla mia vita. Camminare con te sarebbe un piacere. Katia