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Alberto Baviera

Se la Conferenza per la Libia conclusa ieri a Palermo sia stata “un successo” e “una pietra miliare” per riportare la pace, la sicurezza e la prosperità al popolo libico lo si scoprirà solo nei prossimi mesi. Stando alle parole conclusive del premier italiano Giuseppe Conte e del rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per la Libia, Ghassan Salamè, a Palermo

“è stato compiuto un passo avanti, completata un’ulteriore tappa su un percorso molto articolato che le Nazioni Unite hanno definito” per la stabilizzazione della Libia.

Di ostacoli per proseguire nel processo politico in Libia, nel contribuire al miglioramento del quadro di sicurezza e nell’accelerare le necessarie riforme economiche, ce ne sono ancora. Sia interni alla Libia sia sul piano internazionale. E, in una certa misura, si sono palesati anche a Villa Igiea. Il fatto che la Turchia abbia lasciato anticipatamente la Conferenza denunciando che “qualcuno all’ultimo minuto ha abusato dell’ospitalità italiana” e la presenza/assenza del generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, ne sono la prova. Lo stesso premier italiano ha ammesso che c’era consapevolezza circa il rischio di “esporre a qualche fibrillazione e a qualche sensibilità” i lavori di Palermo.

Davanti ai giornalisti Conte e Salamè sono parsi soddisfatti. “Andiamo via da Palermo ma portiamo con noi il sentimento di fiducia per una prospettiva di stabilizzazione della Libia”, ha detto Conte, aggiungendo che “non vogliamo illuderci ma riteniamo che siano state poste delle premesse importanti per proseguire in questo cammino”.

Il rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per la Libia ha invece sottolineato che

“i libici sono veramente stanchi di questa situazione e sono consapevoli che non esiste una terza via. O va anti il processo politico o ricominceranno gli scontri. Questa consapevolezza dei libici ci ha dato molta fiducia nell’indire la Conferenza nazionale in gennaio e, si spera, le elezioni in primavera”.

Da entrambi è arrivata la conferma che

“è venuto il momento per i libici di prendere in mano il loro destino”.

Il sostegno della comunità internazionale, è stato detto, è importante non perché vuole “interferire” o “esprimere ingerenze” ma perché vuole intervenire con il “sostegno” per “l’accelerazione del processo di stabilizzazione che dev’essere rimesso interamente agli attori libici”.

(Foto: Presidenza del Consiglio dei ministri)

L’Italia, ha ribadito Conte, è pronta a fare la sua parte. “Nello scenario libico – ha precisato il premier in conferenza stampa – vuole essere un fattore di promozione di condizioni di stabilità”. Per questo non cerca “alleanze tattiche” perché “non contribuiremmo all’accelerazione del processo politico”, ma vogliamo “dialogare con tutti gli attori libici, che sono tutti importati”. Dall’avanzamento della stabilizzazione in Libia, ha detto il presidente del Consiglio, “auspichiamo effetti benefici ai libici, a noi italiani e all’Europa”. “Abbiamo reso un servizio all’Europa”, ha sottolineato Conte che, ribadendo la “disponibilità dell’Italia di aiuto e cooperazione” ha rimarcato la volontà di “non rivendicare una leadership sul piano economico o politico”. In sostanza, l’azione del governo italiano non è spinta da “secondi fini”.

E se le Nazioni Unite indicano come prossimo passo quello di “consolidare il cessate il fuoco a Tripoli e, se ci riusciamo lì, anche in altre città perché senza sicurezza non possiamo andare avanti”,

l’Italia si aspetta “dalla stabilizzazione della Libia una più facile regolazione dei flussi migratori ma ci aspettiamo anche un più efficace contrasto alla minaccia terroristica e ai traffici illegali di esseri umani”.

Sul territorio libico, ha precisato Salamè, ci sono 700mila migranti irregolari e altre migliaia sono quelli nei centri di detenzione. Ma “la Libia ha bisogno di mano d’opera straniera, quindi la posizione degli immigrati illegali potrebbe essere regolarizzata nel prossimo futuro. Quello che è importante è che il flusso verso la Libia sia calato, e in modo sostanziale soprattutto dall’Africa occidentale”.

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