DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.
Molte volte, nella Parola di questa domenica, ricorre l’espressione “in quel tempo”, “fino a quel tempo”, “in quei giorni”, “quel giorno”, “quell’ora”.
Di quale tempo si tratta? Facilmente, leggendo soprattutto la prima lettura tratta dal libro di Daniele e il Vangelo di Marco, potremmo pensare esclusivamente alla fine dei tempi, al tempo ultimo, al tempo del giudizio finale.
E’ un tono cupo, infatti, quello che, a prima vista, la Parola ci trasmette: si parla di tribolazione, di un sole che si oscurerà, una luna che non darà più la sua luce, di stelle che cadranno dal cielo, di potenze nei cieli che saranno sconvolte.
Ancora leggiamo «sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni…».
Un tempo e dei giorni che «vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria: Egli manderà gli angeli…». «In quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe…».
Ma è proprio così? E’ proprio quel tempo?
Questa Parola non descrive le situazioni in cui verranno a trovarsi gli ultimi uomini. Quando la si legge, si pensa esclusivamente, o quasi, agli avvenimenti che chiuderanno la storia. E invece la prospettiva, in un certo senso, è capovolta: a partire dalla certezza dell’avvenimento ultimo che è il ritorno di Cristo e il giudizio finale, il discorso concentra l’attenzione sul presente nel quale viviamo, sulle nostre storie, situazioni, vite.
Vite che possono attraversare momenti di buio, di angoscia, di male…con una certezza, però, che è quella che canta il salmista: «Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa».
La certezza è un Dio che vigila, che consola, che salva, che, ogni giorno, ci dà la possibilità di rinascere a vita nuova.
Molto spesso l’esperienza quotidiana sembra dirci che il male vince e il bene perde. Ma per non lasciarci ingannare dalle apparenze e guardare nel profondo, occorre spingere lo sguardo oltre: ed è per questo che Gesù, nella Parola di oggi che fa parte del suo ultimo discorso prima della Passione, non parla più della croce ma del ritorno del Figlio dell’Uomo.
Una Parola che ci parla di vita eterna, ci narra di saggi che «risplenderanno come lo splendore del firmamento» e che «coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre». Questi siamo noi se sapremo discernere, scrutare tempi e situazioni, vegliare «in ogni momento pregando», nella fedeltà quotidiana e vera ad una Parola che non passerà mai e nella certezza che la nostra vita è saldamente nelle mani di Colui che fu crocifisso ed è risorto!
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