Papa Francesco, qualche giorno fa, ha parlato del diritto dell’accesso all’acqua, negato in varie zone del pianeta, ha parlato di “immane vergogna”. A migliaia di chilometri di distanza, nel piccolo El Salvador, in America centrale, la Chiesa è da anni in prima linea perché tale “immane vergogna” sia cancellata e il diritto dell’accesso all’acqua entri in Costituzione e diventi realtà, attraverso un’adeguata Legge sull’acqua e un accordo con i Paesi vicini, Honduras e Guatemala, i cui fiumi entrano nel Salvador con un fortissimo carico di sostanze inquinanti.
Tra i tanti problemi sociali che presenta la piccola repubblica centroamericana, quello dell’acqua è senza dubbio uno dei più rilevanti: inquinamento alle stelle, servizi idrici che funzionano al massimo per due giorni alla settimana in gran parte del Paese, imprese private che fanno il bello e il cattivo tempo estraendo l’acqua per fini commerciali e mettendola in commercio a costi altissimi, se parametrati a uno stipendio medio dell’El Salvador.
Una petizione di 200mila firme e una campagna guidata dalla Chiesa. Da ormai quasi due mesi i vescovi del Paese, insieme a tantissimi cittadini, attendono una risposta alla loro petizione, consegnata al termine di una marcia che si è conclusa davanti al Parlamento lo scorso 27 settembre. 200mila firme attraverso le quali viene chiesta l’approvazione di una modifica costituzionale che sancisca il diritto all’acqua e di una legge che tuteli l’acqua come bene comune. In calce alla raccolta di firme, c’è una proposta concreta, elaborata dalla Uca, l’Università centroamericana José Simón Cañas, dall’arcidiocesi di San Salvador e dalla Procura per la difesa dei diritti umani.
Problema vecchio, quello dell’acqua, se si pensa che 39 anni fa l’arcivescovo di San Salvador, mons. Oscar Arnulfo Romero, oggi santo, diceva in una sua omelia:
“È spaventoso sentire che ovunque l’aria si sta corrompendo, che non c’è acqua, che ci sono regioni dove l’acqua arriva appena per pochi minuti e a volte per nulla, che le falde idriche si stanno seccando, che già alcuni fiumi pittoreschi delle nostre montagne sono spariti”.
L’arcivescovo di San Salvador, presidente della Conferenza episcopale (Cedes), mons. José Luis Escobar Alas, fa notare che “già da più di dieci anni il popolo ha fatto presente al Parlamento l’urgente necessità che venga approvata la Legge generale dell’acqua e che si garantisca il diritto umano all’acqua riconoscendolo in Costituzione. Il popolo è stanco della mancanza di impegno delle istituzioni a questo riguardo”.
Inquinamento alle stelle e acqua razionata. La drammatica situazione dell’accesso all’acqua viene spiegata al Sir da Roberto Alfaro, coordinatore giuridico dell’Ufficio per la tutela dei diritti umani dell’arcidiocesi di San Salvador: “Le autorità, nel 2017, hanno pubblicato un rapporto sull’indice di qualità dell’acqua ben poco plausibile, che sarebbe passato dal 5 al 32% rispetto al 2013. Ma come è potuto accadere, se in questo periodo non è stato fatto alcun intervento per migliorare la situazione? La realtà – prosegue Alfaro -, è ben diversa. A partire dall’inquinamento dei fiumi principali del Paese, il Goascorán, il Lempa e il Paz, che entrano nel territorio salvadoregno provenendo dal Guatemala e dall’Honduras, Paesi che, contrariamente al Salvador, non hanno fatto la scelta di impedire le attività estrattive di metalli. Tali attività contaminano pesantemente i corsi d’acqua”.
Spesso, poi, l’acqua neppure arriva ai cittadini:
“In tutto il Paese l’uso è razionalizzato, spesso è disponibile nelle ore di minor fabbisogno, durante il giorno, e manca invece al mattino o alla sera, così come nei fine settimana Gli acquedotti sono obsoleti, pieni di perdite. Così, la gente ricorre a pozzi artigianali o attinge dai corsi d’acqua, e beve così acqua inquinata”.
Un bicchiere di acqua minerale costa un decimo della paga giornaliera. L’alternativa? Comprare l’acqua in bottiglia, estratta dal sottosuolo da parte di imprese private, con pochissimi costi e forti guadagni. “Una bottiglietta da 8 once, in pratica un bicchiere, costa 50 centesimi di dollaro, in un Paese dove il salario minimo è di 5 dollari al giorno”, denuncia il giurista dell’arcidiocesi.
Insomma, una situazione insostenibile, rispetto alla quale si è mossa la Chiesa cattolica, consapevole che la richiesta è appoggiata da gran parte della popolazione: secondo un sondaggio dell’Università Centroamericana, l’89% è favorevole al riconoscimento dell’acqua come bene sociale e diritto per tutti. Spiega Alfaro: “Si tratta di una mobilitazione storica, come quella dello scorso anno per impedire le attività minerarie, che ha avuto buon esito.
È decisivo che sull’acqua ci sia una legge di ordine pubblico,
viceversa una legge di ordine privato vede l’acqua come un diritto individuale e apre la strada alla privatizzazione. Dopo la raccolta delle firme ci sono state reazioni da parte delle imprese private”. Ma finora il Parlamento, rinnovato all’inizio di quest’anno, non ha dato risposte. E neppure hanno preso posizione i candidati alla presidenza della Repubblica, che sono ormai in piena campagna elettorale (si voterà nel febbraio 2019). Così, nelle prossime settimane, sarà probabilmente necessaria un’ulteriore mobilitazione.