DIOCESI – Un altro incontro formativo si è tenuto il 9 novembre 2018 presso la sala polivalente della Caritas diocesana all’interno di un ciclo di incontri formativi dal titolo “il Dna del volontario” volto a fornire competenze ai volontari che operano nella Caritas. L’incontro è stato tenuto dal dott. Francesco Morgese, psicologo e psicoterapeuta, che già a giugno aveva illustrato le dinamiche relazionali dell’Empatia.
Tema centrale di questo ultimo incontro è stato il “Problem solving”, una particolare strategia operativa che permette di trovare soluzioni creative e originali a problemi e situazioni apparentemente irrisolvibili, una necessità sempre più impellente soprattutto per chi opera nel terzo settore.
Per poter realizzare ciò però è necessario valorizzare la competenza emotiva di ciascuno dei vari operatori, ovvero quell’insieme di abilità necessarie per essere e sentirsi autoefficaci negli scambi relazionali e riconoscere le emozioni altrui. È necessaria dunque un’educazione emotiva che permetta di trasformare i pensieri irrazionali e sostituirli con altri più costruttivi, giacché non sono gli eventi in sé a costituire un problema ma sono i nostri pensieri intorno ad una determinata situazione che influenzano i nostri comportamenti e quindi le nostre strategie operative. Dunque per arrivare alla soluzione difronte ad una situazione di disagio è necessario un cambiamento nel nostro modo di vedere e sentire le cose e nei nostri comportamenti. Alcuni ostacoli, soprattutto le situazioni di indigenza che i volontari devono trattare, non possono essere aggirati, ma se osservati da un’altra prospettiva possono diventare addirittura una risorsa ed è ciò che si propone il Problem solving, massimizzando le conseguenze positive e minimizzando quelle negative.
Con questa strategia è possibile infatti integrare le nostre risorse mentali ovvero: quelle logiche critiche e quelle creative. Queste ultime, in modo particolare, costituiscono il cuore pulsante di questa metodologia poiché sia l’intuizione sia la creatività permettono la creazione di immagini e idee nuove e originali attraverso le libere associazioni, promuovendo un atteggiamento motivazionale positivo. Questa strategia si articola in quattro fasi. Nella prima fase c’è la definizione del problema: all’interno del quale si definiscono gli obiettivi da raggiungere in maniera concreta, identificando gli ostacoli che ne impediscono la risoluzione. A questa fa seguito quella della formulazione delle alternative, la fase più creativa, in cui il problem solver, sospendendo il proprio giudizio, propone il maggior numero possibile di idee innovative e originali. Maggiore sarà il numero delle soluzioni proposte, più alta sarà la probabilità che fra queste vi sia quella più efficace. Nella terza fase invece vi è la pianificazione della strategia che risulta essere quella più efficace in quanto si vagliano le varie soluzioni prodotte precedentemente, cercando di anticipare le possibili conseguenze e valutarne i vantaggi effettivi. Infine si passa alla quarta ed ultima fase: quella della realizzazione del piano esecutivo valutando i risultati ottenuti e il successo delle tattiche e delle strategie precedentemente elaborate. Queste quattro fasi eseguite consequenzialmente consentono di impostare correttamente il problema e di chiarire alcuni atteggiamenti o aspetti che ci potrebbero confondere, impedendoci di trovare delle soluzioni adeguate. Poiché la Caritas ha come obbiettivo la piena valorizzazione della dignità umana, essa non può limitarsi alla sola logica assistenzialistica, ma deve garantire anche la piena autodeterminazione di chi vive nella vita un momento di difficoltà. Per fare ciò è necessario tener presenti due ingredienti fondamentali: la gradualità per poter raggiungere i propri obiettivi progressivamente, un passo alla volta, e la gratificazione dei piccoli risultati ottenuti durante il proprio percorso di vita, valorizzando i propri successi, i quali fungeranno da punto di svolta nella propria rinascita, nel pieno spirito cristiano.