“Nella vostra vita di seminario al primo posto c’è il dialogo con il Signore fatto di ascolto reciproco: Lui ascolta me e io ascolto Lui. Nessuna finzione. Nessuna maschera.
Questo ascolto del cuore nella preghiera ci educa a essere persone capaci di ascoltare gli altri, a diventare – se Dio vuole – preti che offrono il servizio dell’ascolto – e come ce n’è bisogno! –; e ci educa ad essere sempre più Chiesa in ascolto, comunità che sa ascoltare”. Lo ha detto Papa Francesco durante l’udienza ai seminaristi dell’arcidiocesi di Agrigento, ricevuti nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico. Nelle sue parole “alcuni spunti di riflessione personale e comunitaria” dal recente Sinodo dei giovani. Il riferimento è al Vangelo dei discepoli di Emmaus. “Gesù Risorto ci incontra nel cammino, che nello stesso tempo è la strada, cioè la realtà in cui ognuno di noi è chiamato a vivere, ed è il percorso interiore, la via della fede e della speranza, che conosce momenti di luce e momenti di buio. Qui, nel cammino, il Signore ci incontra, ci ascolta e ci parla”. Il Papa ha poi ricordato che “la Chiesa è mandata nel mondo per ascoltare il grido dell’umanità, che spesso è un grido silenzioso, a volte represso, soffocato”.
Dopo cammino e ascolto, una terza parola viene presentata da Francesco: discernimento. “Il seminario è luogo e tempo di discernimento. E questo richiede accompagnamento, come fa Gesù con i due discepoli e con tutti i suoi discepoli, in particolare i Dodici. Li accompagna con pazienza e con sapienza, li educa a seguirlo nella verità, smascherando le false attese che essi portano nel cuore”. Ai seminaristi, il pontefice ha spiegato che “tanti problemi che si manifestano nella vita di un prete sono dovuti a una mancanza di discernimento negli anni del seminario”. “Non tutti e non sempre, ma tanti. È normale, vale lo stesso per il matrimonio: certe cose non affrontate prima possono diventare problemi dopo”. Infine, la quarta parola: missione, “l’andare insieme incontro agli altri”. “La tentazione di essere bravi missionari individuali è sempre in agguato – ha concluso il Papa -.
Troppo spesso la nostra impostazione è stata individuale, più che collegiale, fraterna. Grazie a Dio si sta crescendo in questo, anche costretti dalla scarsità di clero, ma la comunione non si fa per costrizione, bisogna crederci ed essere docili allo Spirito”.