SAN BENEDETTO DEL TRONTO – A tirar dietro con il tempo ci sono spazi in cui uno vorrebbe sostare per rivivere certe emozioni che sono state fondamentali nel proseguimento degli anni.
Risentire, ad esempio, il canto “Tota pulchra es Maria…”, ecco il ragazzo aggrappato allo scialle della madre continuare il sonno interrotto verso la Chiesa, di mattino quando ancora l’alba faceva fatica a respingere la notte. Bisognava andare alla Novena de “La Cuncezziò”, quando la comodità della messa serotina non c’era ancora e c’erano invece i doveri scolastici che non potevano essere tralasciati. C’era da servir Messa, da cantare nel coro e tutto si svolgeva alle 6 del mattino e non si poteva mancare. “Tota pulchra es Maria et macula originalis non est in Te”.
Nonostante le levatacce è rimasto un dolce ricordo, perché il sacrificio era ampiamente ricompensato da tutto quel daffare che ci preparava alle feste del Santo Natale. Oggi che pensiamo ad una vita senza ostacoli, ipocritamente si griderebbe allo scandalo di fronte ad un simile comportamento, tanto più se richiesto per partecipare ad una cerimonia religiosa. Santi quei sacrifici che ci hanno abituato ad apprezzare tutti i risvolti della vita.
Su quel canto si è formata la mia devozione verso la Madonna, a cui ancor oggi mi aggrappo con la forza e la serietà con cui era manifestata dalle nostre mamme e dalle nostre nonne; senza leziosità, senza tanti ghirigori anche nei nomi che non andavano più in là di Madonna o della “Cuncezziò”. Termini disincantati che nell’umano non tolgono nulla al divino. È la donna, cioè Colei cui spetta la presenza dell’umano nella Chiesa.
Siamo stati abituati ad un rapporto concreto con la Madonna, perché Ella ci veniva presentata come una di noi, una madre, che, inoltre, non ebbe sempre vita facile con suo Figlio. E siamo cresciuti con questa presenza vicina tanto da chiedere prima scusa a Lei e poi ai nostri genitori, nelle nostre frequenti monellerie.
“Tota pulchra es Maria…”, è la bellezza dignitosa delle nostre madri, con il loro affetto contenuto e rassicurante, sul quale sapevi di poter sempre contare.
Spesso la devozione verso la Madonna viene presa come una sorta di infantilismo, non tenendo conto che il suo “sì” alla provocazione di Dio, che Ella dapprima non comprese e su cui rifletté criticamente, fu un presupposto, affinché si realizzasse il più importante evento della storia della salvezza. È da quel “si” che devo dedurre il mio “si”; infatti “ se il Regno di Dio deve venire in questo mondo, se i piani di Dio si devono concretizzare, allora quel che conta è che pure noi diciamo “sì” alle sue chiamate, quantunque queste sembrino spesso superare le nostre capacità”.
Sono questi “sì” che rendono gioiosa la vita e che ci spingono, come per la Madonna, ad intonare il canto del nostro “Magnificat”.
Marilena
Grazie direttore, nei tuoi ricordi rivivono i miei anche se vissuti in tempi diversi. Risento i passi veloci di mamma che di mattino presto mi incitava a sbrigarmi sennò si faceva tardi, e quel freschetto di primamattina che mi ghiacciava il naso e poi le cosce perchè indossavo i calzettoni corti e una gonnina. La sciarpetta attorno alla testa e poi stretta al collo e quella mano decisa di mamma che mi trascinava sulla salita verso lu Campanò. La visione dell'Immacolata così bella e giovane, rispetto ad altre immagini di Maria più cupe, mi ripagava di tanta foga e mi tranquillizzava e quei canti mariani, che esaltavano la bellezza interiore di Maria, mi inducevano a credere che anche per noi il Padreterno aveva in serbo grandi cose. Quell'intuizione infantile torna prepotentemente a illuminarmi quando cado in errore e non lascio fare a Dio.