“È triste quando succede che, al loro arrivo, non c’è nessuno che dia ad essi una parola di benvenuto e li accolga come pellegrini che hanno compiuto un viaggio, spesso lungo, per raggiungere il Santuario. Più brutto ancora quando trovano chiusa la porta”. Lo ha detto il Papa, che ricevendo ieri in un udienza i partecipanti al primo Convegno internazionale per i rettori e gli operatori dei santuari ha citato, in primo luogo, l’importanza dell’accoglienza da riservare ai pellegrini. “Non può accadere che si ponga maggior attenzione alle esigenze materiali e finanziarie, dimenticando che la realtà più importante sono i pellegrini”, il monito: “Loro sono quelli che contano. Verso ognuno di loro dobbiamo avere l’attenzione di fare in modo che si senta ‘a casa’, come un famigliare atteso da tanto tempo che finalmente è arrivato. Bisogna considerare anche che molte persone visitano il santuario perché appartiene alla tradizione locale; a volte perché le sue opere d’arte costituiscono un’attrazione; oppure perché è situato in un ambiente naturale di grande bellezza e suggestione. Queste persone, quando sono accolte, diventano più disponibili ad aprire il loro cuore e a lasciarlo plasmare dalla grazia. Un clima di amicizia è un seme fecondo che i nostri Santuari possono gettare nel terreno dei pellegrini, permettendo loro di ritrovare quella fiducia nella Chiesa che a volte può essere stata delusa da un’indifferenza ricevuta”. Santuari, inoltre, come luogo per “favorire la preghiera della Chiesa, che con la celebrazione dei sacramenti rende presente ed efficace la salvezza” e per “alimentare la preghiera del singolo pellegrino nel silenzio del suo cuore”. “Con le parole del cuore, con il silenzio, con le sue formule imparate a memoria da bambino, con i suoi gesti di pietà, ognuno deve poter essere aiutato ad esprimere la sua preghiera personale”. “Nessuno nei nostri santuari dovrebbe sentirsi un estraneo, soprattutto quando vi giunge con il peso del proprio peccato”, la raccomandazione del Papa, secondo il quale il santuario “è luogo privilegiato per sperimentare la misericordia che non conosce confini”. “Questo è uno dei motivi che mi ha spinto a volere la Porta della misericordia” anche nei Santuari durante il Giubileo, ha spiegato a proposito della misericordia, che, “quando è vissuta, diventa una forma di evangelizzazione reale, perché trasforma quanti ricevono misericordia in testimoni di misericordia”. “Il sacramento della Riconciliazione, che così spesso viene celebrato nei santuari, ha bisogno di sacerdoti ben formati, santi, misericordiosi e capaci di far gustare il vero incontro con il Signore che perdona”, le indicazioni di Francesco, che ha auspicato che soprattutto nei santuari non venga mai a mancare la figura del “Missionario della Misericordia”.