“Stiamo creando una bomba di persone irregolari che rimarranno sul territorio italiano allo sbando”. È un avvertimento che nasce dall’esperienza quello di Paola Crestani, presidente del Ciai, il Centro italiano di aiuto all’infanzia, organizzazione che si occupa di adozioni internazionali (oltre 3.100 bambini dal 1968) e aiuta, in particolare, i bambini soli: nel 2017 ha raggiunto oltre 100.000 beneficiari. Al momento ha attivi 30 progetti, in 25 Paesi. Gli effetti del Decreto sicurezza e immigrazione (dl 113/2018), sui cosiddetti minori stranieri non accompagnati (Msna) saranno a suo avviso devastanti: a 18 anni e 1 giorno, pur avendo seguito corsi di formazione e avviamento al lavoro nei centri di accoglienza, rischiano di essere gettati in mezzo ad una strada e di cadere vittima della criminalità e del lavoro nero. Non solo: un aspetto del decreto prevede anche la revoca della cittadinanza italiana ai ragazzi adottati in Italia da maggiorenni per alcuni tipi di reati. La presidente del Ciai, che è anche madre adottiva, teme anche per l’aumento del razzismo e delle discriminazioni “sulla pelle dei nostri figli”.
Ieri sui social è scattato l’allarme, poi rientrato, che la revoca della cittadinanza avrebbe riguardato anche i bambini adottati dall’estero. Il fatto che riguardi solo i maggiorenni adottati in Italia cambia qualcosa?
Purtroppo il decreto rimanda ad altre leggi ed è sempre difficile addentrarsi in questi meandri. La norma riguarda maggiorenni adottati in Italia e non le adozioni internazionali secondo la legge 184. I nostri figli non vengono coinvolti da questo provvedimento, ma questo non ci rassicura per niente: da un punto di vista culturale è un segno forte,
si crea uno stigma per cui se sei straniero sei diverso e rischi di essere espulso e perdere la cittadinanza.
Quali saranno gli effetti del dl sui minori migranti arrivati soli in Italia?
Il problema maggiore è per i minori migranti soli:
a 18 anni e 1 giorno sono ancora ragazzi ma in quel momento rischiano di diventare irregolari.
Significa che non avendo uno status giuridico e dovendo stare in Italia vengono marginalizzati, e rischiano più facilmente di essere vittima della criminalità, irretiti in giri poco chiari.
Questo genera insicurezza per tutti ed è un enorme spreco di risorse
perché questi ragazzi che accogliamo, ai quali diamo educazione e formazione al lavoro, potrebbero essere risorse per la nostra società. Invece li gettiamo in mezzo a una strada e li marginalizziamo, non li rimandiamo al loro Paese dove potrebbero fare qualcosa di buono.
Da tre anni a Palermo portate avanti il progetto “Ragazzi harraga” (in arabo “colui che brucia” ossia disposti a tutto pur di partire) che coinvolge 400 minori migranti non accompagnati: ci spiega meglio?
A Palermo lavoriamo per l’inclusione di questi ragazzi e l’avviamento al lavoro. Abbiamo avviato un ostello nel quartiere a Ballarò dove alcuni sono accolti, altri lavorano per i turisti. Questi 400 ragazzi ruotano nei laboratori, nei momenti educativi e formativi. Per alcuni abbiamo trovato una sistemazione lavorativa. Ora stiamo coinvolgendo altre aziende ed è stata fatta insieme al Comune di Palermo una “cartella sociale” con tutte le informazioni utili su questi ragazzi. Così chiunque si interfacci con loro ha le opportunità per valorizzare al meglio queste risorse. Tutto questo lavoro viene buttato via a 18 anni e 1 giorno.
Come vi state attrezzando per correre meno rischi possibili?
Stiamo cercando di creare alleanze con i Comuni per evitare che i ragazzi vadano allo sbando.
Per molti ragazzi che a 18 anni non hanno ancora un lavoro stabile sarà difficile. Il primo sforzo sarà di cercare soluzioni lavorative. Poi collaboreremo con l’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni italiani, che propone un permesso per buona volontà, rivolto a chi ha dimostrato di essere una risorsa per la società.
In questi giorni l’Italia ha anche detto di essere contraria al Global compact sulle migrazioni, il patto globale proposto dall’Onu: quali conseguenze per i minori?
Questo significa maggiore difficoltà a fare patti con i Paesi per i rimpatri volontari. Stiamo creando una bomba di persone irregolari che rimarranno sul territorio italiano allo sbando.
Tra l’altro c’è anche il rischio di una compravendita illegale di permessi di soggiorno per lavoro. Vi risulta?
Chiedere il pizzo per un permesso di soggiorno è una cosa vergognosa e succede. La Sicilia purtroppo da questo punto di vista è coinvolta. È un timore che abbiamo. A dicembre faremo un workshop con aziende per discutere questi temi ed evitare che accadano cose di questo tipo.
La Sicilia è un territorio depresso. Come rispondete a chi vi dice: perché non trovate lavoro agli italiani?
Quello che facciamo come Ciai è prenderci cura dei bambini e ragazzi che hanno necessità, il nostro focus è sui bambini soli. Su questo tema in Italia le emergenze riguardano i minori stranieri non accompagnati o i bambini italiani che rischiano di diventare soli.
Noi non facciamo differenze tra italiani e non, lavoriamo per tutti.
Si presentano tempi difficili? Siete preoccupati?
È un periodo particolarmente cupo a cominciare dalla criminalizzazione di chi salva vite in mare fino a chi si occupa di stranieri.
Lei ha adottato dei bambini, riscontra maggiori episodi di discriminazione sui suoi figli?
Purtroppo sì. Le persone stupide si trovano sempre. Ma in questo momento c’è anche un clima che fomenta questi atteggiamenti.
Sono tempi cupi anche per i nostri figli “colorati” che sono italiani a tutti gli effetti ma vengono discriminati.
La società civile ha anticorpi sufficienti da mettere in campo?
Ci sono tanti anticorpi, vedo tanta gente che si sta mobilitando. Il dubbio è: sarà sufficiente? Perché dall’altra parte cresce il consenso. In questo momento prevale la preoccupazione perché la politica non sa dare risposte alle persone che hanno paura e temono per la propria occupazione.
Finché non ci saranno risposte vere agli italiani che hanno vulnerabilità, se la prenderanno con quelli più fragili di loro.
Quindi speriamo che non sia troppo tardi.