Di Annalisa Atzei
“Ci impegniamo perché noi crediamo all’amore, la sola certezza che non teme confronti, la sola che basta per impegnarci perpetuamente”. Con le parole di don Primo Mazzolari, don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro, ha concluso i lavori del 35mo Corso di formazione nazionale per gli animatori di comunità del Progetto Policoro, ispirato proprio alla vita e all’impegno civico e sociale del sacerdote di cui ricorre il 60mo anniversario della morte.
Presenti per la diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, gli animatori di Comunità Marco Sprecacé e Remigio Giannetti.
Dopo cinque intensi giorni di formazione, arricchiti dalle sollecitazioni dei laboratori e dalla preghiera, nella grazia della città di Assisi e nella bellezza della condivisione fraterna, i giovani animatori hanno sperimentato anche in occasione dell’ultima sessione di lavori il valore del loro ruolo, evangelizzatori tra gli stessi giovani nel delicato confronto col mondo del lavoro. Come ha ricordato don Bignami, gli animatori sono chiamati a essere appassionati ricercatori, in ascolto del prossimo, pronti a donarsi e a mettersi in gioco per “camminare nella vita dentro la storia”. Ripercorrendo il brano del Vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, don Bignami nella sua Lectio Divina ha presentato un Gesù buon Pastore che si prende cura del suo gregge: invita la folla a diventare suoi commensali e i loro bisogni non lo lasciano indifferente, anzi si preoccupa di quanti pani siano rimasti per poter dare da mangiare a tutti. Così accade che il deserto in cui la gente chiedeva da mangiare si trasforma in un giardino perché “Dio fa l’abbondanza e l’uomo fa il deserto”: l’abbondanza nasce dalla condivisione e la condivisione rende la terra un giardino. Per chi sa osare, anche il poco può diventare abbondanza per tutti, per questo l’animatore di comunità è chiamato a “fare l’inventario del poco che c’è nella sua vita, nella diocesi e nel Progetto Policoro” che anima, perché da quel poco possa organizzare la condivisione e far diventare un giardino la sua comunità.
Carico di emozioni anche il racconto dell’Equipe giovani Giustizia e Pace e dei ragazzi che, accompagnati da Cecilia Dall’Oglio e Antonio Francese, hanno raccontato l’esperienza della visita nei campi di concentramento in Polonia e Bosnia. Insieme a loro anche la testimonianza dell’animatore della diocesi di Bussi sul Tirino sulla Giornata diocesana per la custodia del Creato, un momento significativo per sensibilizzare le comunità affinché vivano in armonia con l’ambiente, guidati dall’enciclica Laudato Si’ di papa Francesco.
Tra gli interventi della mattinata anche quello di Massimiliano Padula, presidente di Copercom (Coordinamento delle Associazioni per la Comunicazione), sociologo e docente presso la Pontificia Università Lateranense. Padula si è soffermato sulla necessità di essere oggi connessi responsabilmente col mondo della comunicazione: “viviamo un tempo in cui disponiamo di grandi quantità di informazioni, ma non sempre disponiamo del loro controllo” e allo stesso tempo “la contemporaneità digitale stimola ‘l’incontinenza’, una quantità incontrollata di dati, fruibili nell’immediato come nei fast food, ma che come i cibi veloci alla fine fanno anche male. Riprendendo il contenuto del messaggio del Papa per la 51ma Giornata per le Comunicazioni Sociali, tutti siamo chiamati a esercitare la “diaconia della cultura”, non limitandoci all’uso dei media per dire ciò che facciamo, cadendo nell’autoreferenzialità e nell’ostentazione della propria vita, ma accogliendo le regole di una comunicazione che crei comunione e lavori per la cultura dell’incontro, proprio come ha fatto Gesù. “La comunicazione – ha detto – deve capire che la società della conoscenza non ha bisogno di una comunicazione che la predichi, ma piuttosto che la pratichi e cerchi di attivarla sperimentando comunità”.