Non ci sono preamboli, né formule, nella preghiera del Padre nostro, che “affonda le sue radici nella realtà concreta dell’uomo”. Perché Gesù “non vuole spegnere l’umano, non lo vuole anestetizzare”. Lo ha spiegato il Papa, che nella seconda catechesi dedicata alla preghiera cristiana per eccellenza – pronunciata in Aula Paolo VI di fronte a 7mila fedeli – ha affermato che la fede non è una questione “decorativa”, staccata dalla vita, che interviene quando sono stati soddisfatti tutti gli altri bisogni: “Semmai la preghiera comincia con la vita stessa”. È un grido, un vagito che accompagna ogni nostro respiro.
“Gesù, nella preghiera, non vuole spegnere l’umano, non lo vuole anestetizzare. Non vuole che smorziamo le domande e le richieste imparando a sopportare tutto. Vuole invece che ogni sofferenza, ogni inquietudine, si slanci verso il cielo e diventi dialogo”.
Il Padre Nostro è una preghiera concreta, spiega Francesco mettendo in guardia da qualsiasi astrazione o spiritualismo. “Avere fede, diceva una persona, è un’abitudine al grido”, afferma evocando implicitamente l’impostazione agostiniana. “Dovremmo essere tutti quanti come il cieco Bartimeo, che non ha dato ascolto a “tanta brava gente che gli intimava di tacere” per non disturbare il Maestro. Non ha ascoltato quei consigli: “Con santa insistenza” ha gridato sempre più forte per implorare che Gesù lo guarisse. Non ha dato retta alla “gente educata”, ed il suo grido è stato più forte del “buonsenso” di coloro che volevano farlo stare zitto.
“La preghiera non solo precede la salvezza, ma in qualche modo la contiene già, perché libera dalla disperazione di chi non crede a una via d’uscita da tante situazioni insopportabili”, garantisce il Papa nell’ultima parte dell’udienza. Certo, c’è anche la preghiera di lode che “prorompe dal cuore di Gesù, pieno di stupore riconoscente al Padre”. “Ma nessuno di noi è tenuto ad abbracciare la teoria che qualcuno in passato ha avanzato, che cioè la preghiera di domanda sia una forma debole della fede, mentre la preghiera più autentica sarebbe la lode pura, quella che cerca Dio senza il peso di alcuna richiesta”, la tesi di Francesco. “No, questo non è vero”, incalza a braccio: “La fede che domanda è autentica, è spontanea, è un atto di fede in Dio che è padre, che è buono, che è onnipotente. È un atto di fede in me che sono piccolo, peccatore, bisognoso. Per questo la preghiera per chiedere qualcosa è molto nobile”. “Dio è il Padre, che ha un’immensa compassione di noi, e vuole che i suoi figli gli parlino senza paura, direttamente”, puntualizza il Papa: “Per questo gli possiamo raccontare tutto, anche le cose che nella nostra vita rimangono distorte e incomprensibili. E ci ha promesso che sarebbe stato con noi per sempre, fino all’ultimo dei giorni che passeremo su questa terra”. “Preghiamo il Padre Nostro – l’invito finale, ancora una volta a braccio – cominciando così, semplicemente: Padre, o papà. E lui ci capisce e ci ama tanto”.
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