Quando prevale il realismo degli atteggiamenti molte distanze si accorciano. Vale per tutto: nella politica estera, nei grandi dissidi culturali. Nel proprio condominio, nei rapporti personali e anche in economia. La schiarita in corso, tutta da verificare e tutta da misurare, permette al Governo italiano di confrontarsi con la Commissione Europea sfruttando i molti margini di flessibilità che gli accordi internazionali hanno sempre concesso, non solo all’Italia ma anche ad altri Paesi più virtuosi, in primo luogo alla Francia. Nessuno in questo momento può permettersi una crisi in Europa innescata da un caso Italia.
Lo schema “non arretriamo di un decimale” alla prova dei fatti è diventata difficile da sostenere per un Paese indebitato e che si è impegnato in una costruzione europea (contestata) e in una moneta unica (non più contestata). Passare da 2,4% di Deficit/Pil (il saldo fra costi e ricavi in rapporto alla ricchezza prodotta in un anno) al 2,04% significa riconoscere che se si devono chiedere prestiti è meglio mostrare un atteggiamento costruttivo per convincere e lasciare tranquilli i creditori. Per convinzione o furbizia tattica lo si vedrà nelle prossime settimane. Per ora il segnale è stato dato. Non a caso a ridosso della cene che hanno favorito la convinzione di un rientro del deficit previsto per il 2019, lo spread (divario di rendimento fra titoli pubblici decennali di paesi diversi) è calato e le Borsa, che ha però una dinamica più legata a dazi e fattori internazionali, ha provato a recuperare. Le banche sono molto presenti nel listino di Piazzaffari e hanno rifiatato.
Come ridurre le uscite (o aumentare le entrate) rispetto ai costi è questione più complessa e toccherà al governo gialloverde trovare un equilibrio fra i nuovi paletti stimati e le attese create in campagna elettorale e nei primi mesi del Governo.
Si calcola che almeno 7 miliardi di manovra dovranno essere rivisti e molti annunci pubblici dovranno essere, se non cancellati, almeno diluiti in più anni. Ma quali saranno le rinunce? Proprio il dualismo evidente all’interno del Governo Conte lascia immaginare nelle prossime settimane una trattativa al millimetro fra Lega e 5Stelle che nel Programma hanno issato bandiere di competenza. Sostenute da slogan forti, tweet, mobilitazioni. Diluire queste battaglie (pensioni, reddito di cittadinanza soltanto per citarne due) per spalmarle in più anni può dare qualche retrogusto agli elettori.
Il Governo ha sempre puntato sugli investimenti e anche quelli dovranno essere compatibili con la nuova asticella di deficit/Pil. Almeno un quinto del valore della Manovra dovrà essere rivisto per poter evitare una procedura di infrazione europea che non è mai bella da gestire. Stanno lavorando a favore di un realismo italiano sui conti, oltre ad alcuni ministri e parlamentari di maggioranza, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Governatore della Bce Mario Draghi (alle prese con la richiusura parziale del paracadute dei tassi bassi che ha favorito gli indebitati), più esponenti della Commissione europea e del Parlamento Ue.
Sta riemergendo, a fatica, un concetto base dell’economia che è la crescita.
Che ognuno può declinare nelle culture e nelle pratiche (più sociali, statali o liberiste, più anglosassoni/finanziarie) ma nessuno può negare. Un’economia che cresce crea lavoro, favorisce la pianificazione delle famiglie (figli, casa, studi, impresa) e la corretta manutenzione di costruito e l’utilizzo non selvaggio delle risorse. Sostiene la spesa sociale e mantiene un clima più disteso. Viceversa tutto diventa più difficile.
L’economia italiana è fra le più deboli, rischia un passaggio in recessione, ed è frenata anche da un clima di incertezza in ogni nuova iniziativa di grande o piccolo investimento. Non è facile capire ora se il realismo nei conti pubblici (da verificare e trasformare in atti di legge) si trasformerà in volontà di una nuova crescita. Proprio la salute dell’economia aiuterebbe i partiti di Governo a rispettare le parole d’ordine e i programmi “tutto e subito” della campagna elettorale del marzo scorso.