Stefano De Martis

La politica ha dato il peggio di sé, in questa fine d’anno. Il caos intorno all’approvazione della legge di bilancio non è stato soltanto il trionfo dell’improvvisazione, in un campo in cui il rispetto delle procedure non è solo forma ma sostanza. E’ stato anche, e forse soprattutto, uno spettacolo mortificante per le istituzioni democratiche, con il Parlamento paralizzato in attesa di ricevere dall’esterno un testo misterioso anche per la stragrande maggioranza dei senatori di Lega e M5S, un testo arrivato in extremis e approvato praticamente al buio.

Se poi si guardano i contenuti della legge di bilancio, c’è da essere quantomeno preoccupati. Il Paese corre il rischio di una nuova recessione e si ritrova con una manovra economica che invece di promuovere la crescita – com’era nelle sacrosante intenzioni dichiarate dal governo – alla fine taglia gli investimenti, penalizza l’innovazione e si gioca in spesa corrente, di carattere fondamentalmente assistenzialistico, l’aumento del deficit. Del resto non bisogna dimenticare che si era partiti sin dall’inizio con il piede sbagliato, con un attacco frontale e tutto politico alla Commissione europea. Alla fine con l’Europa si è stati costretti comunque a trattare perché altrimenti il nostro sistema economico-finanziario non avrebbe retto sui mercati internazionali. E lo si è fatto in condizioni ancora più difficili e dopo aver bruciato miliardi per l’aumento dello spread indotto dalla spregiudicatezza dei nostri leader politici.

L’accordo con la Commissione è stato un atto di responsabilità, per quanto tardivo, ma per far quadrare i conti almeno sulla carta si è intervenuti sulla manovra fino a renderla un coacervo di misure i cui effetti complessivi nessuno è in grado di valutare con sicurezza. In alcuni casi, peraltro, gli interventi sono apparsi tutt’altro che casuali e dotati invece di una precisa connotazione ideologica. Basti ricordare l’aumento della tassazione per i soggetti che svolgono attività di solidarietà per le fasce più deboli della popolazione e la drastica penalizzazione dei giornali no profit nazionali e locali. E’ emerso chiaramente, piuttosto, che l’unico vero interesse positivo perseguito dalle forze di maggioranza nella partita della manovra, è stato quello dei rispettivi provvedimenti-bandiera, la quota 100 per la Lega e il reddito di cittadinanza per il M5S. Essi hanno condizionato tutta la legge di bilancio, anche se sono stati fortemente ridimensionati e se non se conoscono ancora esattamente tutti i dettagli, affidati a due decreti di prossima emanazione. Ma ciò che conta è che “qualcosa” entri in vigore prima delle elezioni europee: questo, infatti, è l’orizzonte della manovra. Quel che avverrà dopo, non importa. Tutto il peso della teorica quadratura dei conti è stato scaricato sul 2020 e sul 2021. Una scommessa a dir poco azzardata perché nel frattempo il contesto internazionale e l’andamento interno non staranno fermi ad aspettare e i segnali, purtroppo, vanno nella direzione di un rallentamento dell’economia, se non peggio.

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