“L’oggetto proprio della sterilizzazione è l’impedimento della funzione degli organi riproduttivi e la malizia della sterilizzazione consiste nel rifiuto della prole: essa è un atto contro il bonum prolis. Nel caso contemplato nel quesito, invece, si sa che gli organi riproduttivi non sono in grado di custodire un concepito sino alla viabilità, cioè non sono in grado di svolgere la loro naturale funzione procreativa”. Lo spiega la Nota illustrativa che accompagna il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede alla domanda sulla liceità della isterectomia in alcune fattispecie particolari, Responsum che ha ricevuto l’approvazione di Papa Francesco lo scorso 10 dicembre, durante l’udienza al prefetto della medesima Congregazione, card. Luis F. Ladaria, disponendone la pubblicazione, e reso noto oggi sul Bollettino della Sala stampa vaticana. “Lo scopo del processo procreativo – chiarisce la Nota illustrativa – è mettere al mondo una creatura, ma qui la nascita di un feto vivo non è biologicamente possibile. Perciò si è di fronte non già ad un funzionamento imperfetto o rischioso degli organi riproduttivi, ma ad una situazione in cui lo scopo naturale di mettere al mondo una prole viva non è perseguibile”.
Dunque, “l’intervento medico non può essere giudicato anti-procreativo, perché ci si trova in un contesto oggettivo nel quale non sono possibili né la procreazione né di conseguenza l’azione anti-procreativa. Asportare un apparato riproduttivo incapace di condurre a termine una gravidanza non può dunque essere qualificato come sterilizzazione diretta, che è e resta intrinsecamente illecita come fine e come mezzo”.
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