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La bellezza dell’ora di religione

DIOCESI – A partire dal 7 e fino al 31 gennaio le famiglie dovranno iscrivere i propri figli a scuola. Nel modulo sarà possibile scegliere se avvalersi o meno dell’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC). In questa circostanza, come ho fatto nei precedenti anni, vorrei invitare le famiglie a cogliere questa opportunità.

Mentre in passato però l’ho fatto offrendo delle ragioni, quest’anno vorrei raccontare dei fatti che mi sono accaduti. Durante l’ultimo colloquio con i genitori, la mamma di un alunno musulmano che non si avvale dell’IRC è venuta a parlare con me, scambiandomi per l’insegnante di educazione fisica (vista la mia stazza, non so come ciò sia potuto accadere!). Le ho fatto subito notare l’errore e lei mi ha risposto in un modo che mi ha sorpreso: “Ah bene! Allora vorrei cogliere l’occasione per dirle che io ho parlato con i genitori buddisti di una compagna di classe di mio figlio e mi hanno parlato molto bene dell’ora di religione. Mi piacerebbe se lui potesse frequentarla, o almeno provare a frequentarla, anche se noi siamo musulmani”. Con grande entusiasmo ho risposto che la cosa era possibile e che compito dell’IRC non è quello di educare alla fede, ma di fare conoscere la religione cattolica da un punto di vista strettamente culturale (indispensabile per la comprensione della cultura italiana ed europea) e perciò aperta a tutti gli alunni, indipendentemente dal proprio credo.

Proprio davanti alla nostra scuola c’è una sala di preghiera islamica e ormai da un po’ di tempo mi ero proposto di parlare con l’imam per spiegargli che l’IRC non è una catechesi cristiana e che, pertanto, anche i musulmani avrebbero potuto frequentarla. In cambio avremmo potuto visitare la moschea o ascoltare un suo intervento a scuola. Anche se animato da buone intenzioni, la mia logica era quella di un do ut des, di un gioco di equilibrio fra le parti che poi, fra l’altro, non si è mai realizzato, poiché non si sono state le occasioni. Invece il mio modo razionale di organizzare la realtà è stato superato da una banalissima circostanza, addirittura da uno scambio di persona! Le cose sono andate in maniera spontanea e all’inizio di esse c’è stato “solo” una mamma che ha sentito il racconto di quello che si fa durante l’ora di religione da parte di altri genitori, per altro non cristiani!

La stessa cosa era successa poche settimane prima ad un’alunna non credente che non ha mai fatto in precedenza un’ora di religione. A un certo punto ha chiesto di potersi avvalere dell’IRC. In quella che per lei è stata la sua prima lezione, le ho chiesto cosa l’avesse portata a fare questa scelta. Da un’adolescente mi sarei aspettato una risposta del tipo: “Preferisco stare con le mie compagne in classe piuttosto che uscire” o qualcosa del genere. Invece mi ha detto: “Quando finisce l’ora di religione io chiedo sempre alle mie compagne di che cosa hanno parlato e mi sono detta: Ma queste sono cose interessanti, ne vorrei discutere anche io!”.

Questo fatto mi ha fatto riflettere su quanto sottovalutiamo l’apertura mentale dei nostri alunni. Li giudichiamo troppo spesso un gradino sotto alle nostre aspettative e ci rapportiamo a loro con la “didattica del bastone e della carota”, non tenendo presente l’ampiezza del loro desiderio di conoscere e di affacciarsi alla vita, secondo la totalità dei suoi fattori.

In entrambi i casi non c’è stato un mio intervento diretto, una mia spiegazione su quelli che sono i contenuti dell’IRC, le sue finalità all’interno della scuola, la sua valenza culturale, insomma una spiegazione, pur legittima, a favore dell’IRC. Questi ragazzi hanno aderito perché hanno sentito il racconto di altri e hanno voluto coinvolgersi. Credo che sia prevalsa la “dimensione estetica” della Religione ed è come se questi alunni avessero detto: “Vogliamo fare religione perché è una cosa bella e interessante”. Tutto qua.