“Da Matera, come è sempre successo in questi millenni, camminando in mezzo ai Sassi, parte un forte annuncio per l’umanità intera: il desiderio di un nuovo umanesimo per tutti per risalire la china della legalità e della convivenza umana. Un umanesimo capace di costruire ponti di solidarietà e abbattendo i muri della divisione e dello scandalo”. Così mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, nel giorno in cui si inaugura l’anno di Matera quale Capitale europea della cultura.
“Open future” è il tema con cui Matera si è candidata ad essere Capitale europea. Che futuro dobbiamo attenderci?
Matera è una delle città più antiche del mondo con i suoi 8mila anni. Una città che ha avuto la forza di rialzarsi sempre, di reagire con forza e decisione a forme di devastazioni, di ingiustizie, di vergogna. Rialzata nello stile di vita, dei rapporti umani, in quei valori nei quali ha sempre creduto, capace di versare il sangue, attraverso i suoi figli, per liberare la città dall’oppressione e dare un segno di riscatto positivo a tutto il Sud e dell’Italia intera. Una città che si è posta all’attenzione internazionale come Patrimonio dell’Umanità per ciò che ha saputo realizzare e conservare. Una comunità che ha vinto una grande sfida nell’essere stata proclamata Città europea della cultura 2019.
Matera, città “Madre”, capace di accogliere i figli, non solo turisti che portano sicuramente benessere economico, ma anche e soprattutto umanità bisognosa di essere sostenuta, incoraggiata, condivisa nei suoi drammi e che leva il suo grido di abbandono, di sofferenza e di ingiustizia. “Madre” di tutti i popoli: nella loro diversità, vera ricchezza.
Matera, città “Madre”, che dialoga, si confronta, fa cultura aprendo i suoi scrigni pieni di uomini colti, di pensiero attuale, di proposte di vita.
Che messaggio vuole dare la città in questo anno?
Matera, città europea della cultura, vuole, partendo dai Sassi che la fecero definire “città della vergogna”, come la grotta di Betlemme, porsi all’attenzione mondiale ricca di quell’umanesimo che l’ha resa protagonista nel saper accogliere ed amare la vita, servendola e custodendola nella sua sacralità. Da sempre avvolta da questa luce, oggi da tutti visitata e ammirata, apre gli scrigni dei suoi tesori dialogando e promuovendo la realizzazione di scambi culturali, dove fede e cultura diventano un binomio indissolubile per la vera promozione umana.
È la prima città dell’Italia meridionale a ricevere questo riconoscimento. Cosa significa per il Sud?
Da Matera, dal Sud dell’Italia, spesso mortificato a causa della malavita organizzata, parte un forte annuncio: vogliamo costruire la Pace, seminandola, coltivandola, godendola in uno scambio di relazioni umane, scrollandoci di dosso il pessimismo, il vittimismo e il piangersi addosso, che abbia come unico obiettivo: il bene comune.
Che città è oggi Matera?
Matera sta certamente vivendo un momento storico particolare. È una città unica. È impossibile rimanere distaccati guardandola. È tutta un incanto. Una città vivace consapevole che questo momento la rilancerà verso un futuro con maggiori prospettive. Con una seria progettualità si potrà rispondere positivamente ai tanti giovani che chiedono un’occupazione e che sono costretti ad andare via numerosi.
Una terra da amare, da custodire, da preservare e bonificare dalla tossicità che, purtroppo, soprattutto negli anni passati, è stata oggetto di vandalismo ambientale.
Il binomio fede e cultura e carità e cultura non può essere ridotto a un’esperienza della carità fondata su dei gesti, per quanto siano importanti, in favore dei più bisognosi. C’è bisogno di una carità diversa: bisogno di nutrire la persona nella sua interezza, nei suoi bisogni e nella sua ricerca di verità e di senso. Solo così fede e cultura e carità e cultura potranno camminare insieme.
Matera è ancora una città aperta e accogliente?
Come Capitale europea della eultura 2019 esprime e dovrà esprimere, come è stato da sempre nel suo Dna, la “cura dell’Umano”: l’immagine che Matera ha trasmesso di sé lungo i secoli è quella di un luogo di elaborazione del senso del vicinato aperto alla solidarietà, alla partecipazione, alla promozione umana, espresse dall’arte delle chiese rupestri, e dalla cultura di un popolo aperto all’altro.
La nostra città ha una particolare attenzione verso i vari bisogni e necessità, siano essi lucani che immigrati.
A Matera, da quanto ho appreso, come in tutto il comprensorio materano e direi lucano, non c’è stata mai una divaricazione tra dimensione culturale e dimensione sociale.
Cosa farà l’arcidiocesi lungo il 2019?
“I Cammini” è un progetto, promosso dall’arcidiocesi di Matera-Irsina, ma concretamente aperto a tutte le diocesi della Basilicata, incentrato appunto sui “cammini” dei luoghi sacri, della cultura antropologica, delle tradizioni e della devozione lucana.
La dimensione religiosa e popolare di questi cammini contiene un concentrato di spiritualità, devozione e socialità che insieme manifestano cultura, economia, relazioni umane e carattere identitario di una comunità: un vero e proprio patrimonio!
Dalla conoscenza, dalla fruizione e dal rafforzamento della “capacità attrattiva” di questo patrimonio, si strutturerebbe la consapevolezza di una missione propria della comunità cristiana: quella di continuare a promuovere oggi, così come scaturisce dall’annuncio del Vangelo, la cultura dell’accoglienza, della partecipazione e della inclusione sociale. Questa consapevolezza trova uno strumento ideale di attuazione nella costituzione di un Parco culturale ecclesiale.
Qual è il rapporto con le istituzioni del territorio?
C’è tanto dialogo e rispetto. Molta collaborazione.