Quindi stamattina c’era tutta la gioia per ciò che si è vissuto, la stanchezza per i passi fatti nel caldo di Panama e un velo di tristezza: si va verso l’incontro finale; e già si percepisce la conclusione di un’esperienza.
Questo vuol dire che si è vissuto: la Parrocchia di Santa Maria di Guadalupe e la Scuola Enrico Fermi sono stati per noi casa. Di servizio, anzitutto. I numeri, questa volta, ci hanno permesso rapporti più umani e forse di rispondere a (quasi) tutte le richieste. È interessante notare che un pellegrino non ha bisogno di molto: un’indicazione, un consiglio, un suggerimento. Mi chiedevo questa mattina se i ragazzi, tornando in Italia, sapranno collegare la loro esperienza di ospiti e pellegrini, con chi sta in mezzo al mare e attende fiducioso che le porte si aprano. Qui abbiamo ricevuto una disponibilità grande: sapremo restituirla con gratitudine una volta tornati a casa?
I luoghi di incontro, sono stati poi la possibilità di vivere le catechesi e la preghiera insieme: questa volta siamo riusciti a fare piccoli gruppi, dove lo scambio di pensieri ed esperienze di fede è stato molto più facile. Dalle catechesi e dai momenti di spiritualità (la Messa e la Riconciliazione) i giovani sono venuti fuori rinfrancati.
Il lavoro educativo, i cammini di fede, sono fatiche anche logoranti perché non si può misurare tutto e subito. Per questo l’annuncio del Vangelo non sarà mai solo una bella lezione accademica e per questo la chiarezza espositiva non sarà mai totalmente risolutiva.
Stare in mezzo ai giovani offre suggerimenti pastorali: anche se non li comprendiamo subito, possiamo tenerli nel cuore. È stata una Gmg “mariana”: le cose custodite nel cuore, sono una delle lezioni più belle che ci vengono da Maria e che siamo chiamati a portare con noi in Italia.