Ma a scuola, in classe, il telefonino è utile o no? Viene da porre così la domanda dopo le recenti polemiche legate alle affermazioni di chi vorrebbe il “divieto” degli smartphone a scuola e insieme alle tante posizioni differenti che si sono alternate (e si alterneranno) sull’argomento.
Le discussioni recenti vengono dall’avvio, nei giorni scorsi, in Commissione Cultura della Camera, del percorso delle proposte di legge che reintroducono l’insegnamento dell’Educazione civica nella scuola primaria e secondaria. Intorno al testo predisposto da Massimiliano Capitanio (Lega) gravitano altre proposte di maggioranza e opposizione e in un testo della Lega (Giorgia Latini) e in un secondo di Forza Italia (a cura dell’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini) si dispone il divieto, “salvo casi particolari specifici”, all’uso del cellulare (e non solo, in generale si parla di dipositivi elettronico-digitali) mentre si fa attività didattica. In classe, dunque, niente smartphone. Il divieto, peraltro, dovrebbe essere accompagnato da adeguata sensibilizzazione degli alunni su “diritti e doveri” legati all’uso degli strumenti digitali, anche per prevenire e contrastare le forme di cyber bullismo.
A fronte della posizione di divieto c’è invece quella di considera lo smartphone e gli altri strumenti digitali utili per la didattica, quindi da usare in aula. La semplificazione mediatica ha già contrapposto “apocalittici” a “digitali” per radicalizzare le due posizioni. Si ricorderà, ad esempio, la ex ministra Fedeli, che sosteneva il decalogo per l’uso “consapevole” del cellulare in classe e a sua volta superava altre disposizioni ministeriali precedenti che invece ne vietavano l’uso. E ancora: quanto scalpore per il divieto introdotto in Francia, da alcuni bollato come retrogrado e da altri, invece, come un esempio da imitare. Così, ancora, ecco i pareri di pedagogisti ed esperti di scuola che si dividono: bene vietare e dare segnali sull’importanza che riveste la scuola e il rispetto che si deve alle regole. Oppure: vietare non serve a niente, solo a spingere i ragazzi a trovare altri espedienti. Il ministro, intanto, si è espresso a favore dei cellulari, strumenti “fondamentali” per la didattica. E il Codacons, nel frattempo, gli ha ricordato la recente sentenza del Tar del Lazio che impone al governo di avviare una campagna di sensibilizzazione sui rischi per la salute legati allo smartphone.
Insomma, la confusione è nei fatti. E la domanda iniziale è legittima: telefonino utile o no? Solo che probabilmente è mal posta. Perché la questione intreccia problemi diversi, che vanno dalla necessità di porre regole (e farle rispettare) a quella di usare dei benefici della tecnologia per l’apprendimento. Dall’urgenza di ribadire l’importanza e in un certo senso la “sacralità” dell’ambiente scolastico, insieme alla possibilità di stare al passo coi tempi, misurandosi tra l’altro con i messaggi discordanti che vengono dagli ambienti diversi frequentati dai ragazzi (in famiglia, ad esempio, quali sono i comportamenti?).
Il “focus”, ancora una volta è l’educazione. Apocalittici e digitali non hanno senso contrapposti. Serve piuttosto un’alleanza per individuare la via mediana che, attraverso regole e spiegazioni – esempi e accompagnamento – aiuti i più giovani a valorizzare le risorse a disposizione. Dove, se non a scuola?
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