“Tutti sono consapevoli di quello che comporterebbe l’uso di armi nucleari, ma si possono commettere errori. Soprattutto se una situazione di guerra scappa di mano. E ci possono essere al potere dirigenze avventuristiche. Il rischio di un impiego militare di armi nucleari cresce ed è concreto”. È l’avvertimento di Stefano Silvestri, consigliere scientifico dello Iai (Istituto affari internazionali), direttore editoriale di AffarInternazionali, all’indomani del ritiro di Stati Uniti d’America e Russia dallo storico trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) sulle armi nucleari siglato l’8 dicembre 1987 da Ronald Reagan e Michail Gorbačëv.
Il trattato proibisce di avere missili a terra il cui raggio di azione sia compreso tra i 500 e i 5.500 chilometri. La Russia ha sperimentato un missile di crociera che eccede i limiti, dunque gli Usa hanno sollevato obiezioni alle quali la Russia non ha risposto nei 60 giorni che gli erano stati concessi. Diventava inevitabile chiudere il trattato. D’altra parte, la Russia accusa gli Usa di voler trasformare lo scudo anti-missile piazzato in Polonia e Romania – anch’esso a medio raggio e dunque in violazione del trattato – in una installazione ostile.
La decisione di Trump segue una linea diplomatica ormai ben definita…
L’amministrazione Usa non amava il trattato, così come in genere i trattati di controllo degli armamenti o quelli multilaterali. Dopo essere uscita dall’Accordo sul nucleare iraniano e ora da quello con la Russia, resta il trattato sulle armi strategiche che dovrebbe essere rinegoziato nei prossimi anni.
La Cina ha parlato di una decisione che “può scatenare una serie di conseguenze avverse”.
Il Paese che era più danneggiato dal mancato sviluppo di armi nucleari di terra a medio raggio era la Russia, perché circondata da un’ampia fascia continentale a differenza degli Usa. Per quel che riguarda la Cina, significa che adesso la Russia può sviluppare armi che minacciano potenzialmente tutto il suo territorio.
Il trattato non riguarda né le armi sugli aerei né quelle sulle navi, dunque gli Usa non avevano particolari interessi a mantenerlo in essere.
Quando gli Usa lo firmarono fu su richiesta degli europei, per loro infatti non era un problema perché geograficamente non hanno mai avuto una minaccia di tipo continentale. Se volessero usare questo tipo di missili per minacciare la Cina, gli Usa dovrebbero lanciarli dal territorio di Paesi alleati come Giappone o Corea. O dall’isola di Guam, ma sono scenari altamente improbabili. La Cina alimenta la polemica sul controllo degli armamenti da parte degli Usa ma, in realtà, non teme questo tipo di armi.
Cosa farà l’Europa?
In Europa ci sono le armi strategiche statunitensi, ma queste dovrebbero coprire anche una minaccia regionale ed è complicato. Ci sono anche le armi nucleari francesi, ma sono limitate alla difesa del territorio nazionale. Gli altri Paesi europei si trovano adesso più esposti a una minaccia russa rispetto alla quale gli Usa dovrebbero rispondere con un maggiore impegno. E questo è difficile, se si considera quel che Trump pensa della Nato.
I Paesi europei sono quelli più minacciati dalla rottura del trattato.
La prospettiva di una corsa al riarmo è concreta?
La corsa al riarmo a medio raggio è improbabile perché dovrebbero farla gli Usa o l’Europa. Ma i primi non sono interessati le armi nucleari terrestri, la seconda è divisa politicamente. Ci saranno reazioni diverse anche nei confronti di eventuali minacce russe.
Non c’è solidarietà europea.
Papa Francesco ha lanciato l’allarme: “Siamo al limite della liceità di avere e usare le armi nucleari. Perché? Perché oggi, con l’arsenale nucleare così sofisticato, si rischia la distruzione dell’umanità, o almeno di gran parte dell’umanità”.
In una situazione in cui i trattati vengono distrutti o giudicati non credibili, il rischio che si vada verso un uso delle armi nucleari a livello regionale cresce. Pensiamo al Medio Oriente, dove una simile deriva è molto pericolosa. Mi auguro che non si arrivi al punto di rottura, come finora è accaduto. Ma il rischio è concreto.