“Per compiere il gesto che Benedetto XVI ha compiuto sei anni fa ci vuole un ‘allenamento’ di tutta una vita, una vita spesa a far crescere insieme forza e bontà, ci vuole coraggio insomma, un coraggio da leoni”. Non ha dubbi Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano.
Nell’editoriale dell’edizione in edicola questo pomeriggio con la data di domani, il direttore definisce “gesto rivoluzionario” l’atto di rinuncia dell’11 febbraio 2013 e afferma: “Sarebbe sbagliato ridurre l’intero pontificato di otto anni di Joseph Ratzinger” a quell’evento, ma “resta il fatto che la storia della Chiesa trova in quell’atto uno spartiacque, una svolta, un ‘cambiamento d’epoca’ per dirla con le parole di Papa Francesco”.
L’epoca che Benedetto “ha chiuso alle sue spalle dimettendosi dal soglio di Pietro, è l’epoca del XX secolo, il secolo breve e terribile delle due guerre mondiali e dei grandi genocidi”. Probabilmente, sostiene Monda, “sulla memoria di Benedetto prevarrà quella del suo santo predecessore e del suo vulcanico successore ma è certo che sia Giovanni Paolo II che Francesco non avrebbero potuto essere quello che sono stati e sono senza la presenza forte e discreta di Joseph Ratzinger. E i due lo hanno riconosciuto, più volte. Francesco lo ha detto spesso, solo pochi giorni fa, tornando dal viaggio negli Emirati Arabi, rispondendo alle domande dei giornalisti” e precisando che Benedetto “è un uomo buono, un pezzo di pane è più cattivo di lui, ma è un uomo forte”. “Bella sottolineatura che ci ricorda una cosa talmente vera che agli uomini spesso impigriti dalla forza dell’abitudine può risultare falsa o quantomeno paradossale – chiosa Monda –: che la forza e la bontà camminano insieme, alimentandosi reciprocamente”.