Gesù passa tra la gente, stringe relazioni empatiche con tutti coloro che incontra, guarisce gli ammalati, penetra nel cuore di chi avvicina e ascolta, fa toccare il suo cuore misericordioso, si china su chi ha sbagliato e perdona sempre senza giudicare. Mentre cammina offre la Parola di speranza, propone la via dell’amore del Padre e del dono gratuito di sé fino alla morte di croce a chi cerca delle risposte o un senso alla loro vita, a chi non si pone domande, a chi si trova in situazioni di disagio o ai margini della storia, a chi subisce ingiustizie, a chi vive nella violenza, a chi non ha la libertà di pensiero, di religione.
Gesù tende sempre una mano ad ogni vivente: c’è e, ancora oggi, si fa compagno di viaggio di tutti. E noi? Ognuno cammina da solo con la testa piegata in avanti, assorto e chiuso nella contemplazione del suo mondo virtuale. Non si accorge di chi gli passa accanto, così catturato dalle immagini che via via scorre sullo smartphone. Usa e consuma ciò che gli basta per la sopravvivenza individuale, mentre sul palcoscenico della vita sperimenta l’indifferenza verso se stesso e verso gli altri. Mentre passa il tempo, isolandosi, inaridisce sempre più il canale affettivo e non avverte il calore della prossimità. Difende il suo spazio, credendo di poter fare a meno degli altri che spesso non vede e con i quali perde il contatto. Si moltiplicano le esperienze di isolamento non solo a livello individuale, ma anche familiare, di gruppo, di comunità.
Lo stordimento non gli consente di fare esperienza di silenzio: bombardato dalle troppe parole e immagini che viaggiano da un capo all’altro del mondo e che invadono il suo spazio profondo, spesso non sente la terra sotto i piedi, non sempre riesce a sperimentare di esserci, non solo per sé, ma anche per gli altri. Preso da un mondo altro, si lascia sfuggire la capacità di riflessione, l’attenzione al momento presente, la concretezza nell’azione.
Non c’è tempo per ascoltare Dio che dimora nel profondo del cuore, non c’è tempo per accogliere gli altri, né per vivere nella profondità di se stessi: manca il desiderio di vivere e custodire l’intimità, tutto è sbandierato in piazza. Mai come adesso c’è bisogno invece di fermarci, di sostare, per percepire ovunque il respiro di Dio che abita l’universo, la nostra terra, la storia. Distratti da mille input, fatichiamo a stare in contatto con noi stessi, ad accorgerci di ciò che sta intorno…viviamo in un eterno presente molte volte privo di obiettivi da raggiungere. Tutto si consuma nel qui e ora: anche noi cristiani abbiamo eliminato il futuro che ci attende, abbiamo tagliato le radici che danno significato all’oggi, abbiamo trasformato il presente in un eterno “non ho tempo”!
Se non chiediamo ogni giorno allo Spirito il dono della fede, se non ci consegniamo a Dio costantemente perché sia lui a guidarci nella quotidianità dell’evolversi del tempo, se non ci impegniamo a vivere il Vangelo ogni momento, annunciando il Regno di Dio con la testimonianza della vita, rischiamo di rimanere chiusi in un mondo asfittico, privo di senso e di speranza.
Come possiamo accorgerci degli altri, se li teniamo a distanza difendendo il nostro territorio? È giunto il tempo di attivare la consapevolezza di essere abitanti di questo mondo aderenti alla terra, capaci di percepire la vibrazione dei passi degli altri, per camminare insieme nella gioia dell’esistenza e nel dono gratuito di sé? In che modo diventare sentinelle pronte ad ascoltare il gemito del sofferente nel proprio ambiente o di qualunque nazione? Come essere protagonisti attivi e propositivi nella storia di ogni giorno, per portare il proprio contributo agli uomini e alle donne del nostro tempo senza compromessi, senza tradire il Vangelo? In quale occasione abbiamo fatto esperienza del buon samaritano che si è chinato su di noi e che cosa ne abbiamo fatto dell’accaduto? Quando vogliamo decidere di rompere la cerchia del nostro isolamento, per custodire insieme con gli altri l’umanità donata gratuitamente dal Signore e la comunione, dono dello Spirito? Se Dio abita la radice della nostra esistenza, come ci muoviamo nella relazione con il Signore, dal momento che il metro della gioia di esistere dipende da questo?
E Dio continua ad aspettare, a pazientare, a tendere il cuore: fino a quando? Sempre, perché ci ama e ci vuole felici.