SAN BENEDETTO DEL TRONTO – È stato un evento di grandissimo spessore culturale e civile quello che si è tenuto sabato mattina presso il centro “Biancazzurro”. L’incontro, organizzato dalla Scuola diocesana di Formazione Teologica e moderato dal suo direttore don Gianluca Pelliccioni, ha visto la presenza di illustri relatori quali il vescovo diocesano Mons. Carlo Bresciani (Cei ufficio Giovani Famiglia Vita), il Prof. Paolo Marchionni (Associazione Scienza e Vita – Associazione Bioetica Marchigiana) e il Prof. Luciano Eusebi (Università Cattolica – Associazione Scienza e Vita).
La giornata di studio è stata aperta da Don Gianluca Pelliccioni che ha citato il proemio della Gaudium et Spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”. Alla luce di ciò, ha affermato il sacerdote, vogliamo vivere questa giornata di studio come un servizio reso alla verità e all’uomo poiché la fede ci sprona a venire incontro ai problemi dell’uomo di oggi, come quelli legati al campo bioetico.
Ha preso poi la parola Mons. Carlo Bresciani che ha svolto la sua relazione sul tema Teologia e Bioetica. Anche Mons. Bresciani ha citato un passaggio della Gaudium et Spes e più precisamente il n. 22: “Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione. […] Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo”. Qual è, si è chiesto Mons. Bresciani, l’ “altissima vocazione” di cui parla il testo conciliare? Il prelato ha risposto che ogni uomo ha il compito di vivere pienamente la sua vita, sviluppando tutto quello che gli è stato dato. L’uomo infatti, ha continuato, non si è dato la vita da solo ed è in relazione e in continuità con chi l’ha generato, pertanto la bioetica può essere pensata come una sorta di “antropologia integrale”. Se parliamo di “antropologia integrale” allora dobbiamo parlare anche dell’ambiente nel quale l’uomo vive e che l’uomo deve custodire. Su questo tema la riflessione, sia in ambito civile che in ambito ecclesiale, si è fatta sempre più intensa. Nella promozione della dei valori bioetici, ha concluso Mons. Bresciani, la Chiesa deve maggiormente sottolineare l’umanità del suo insegnamento: non si tratta di un messaggio rivolto solo ai credenti in virtù della loro fede, ma ad ogni uomo in quanto essere umano.
Ha preso poi la parola il Prof. Paolo Marchionni che ha parlato sul tema Il difficile dialogo in bioetica. Alcune questioni attuali, inquadrando la questione a livello storico e culturale. Secondo il Professore, tutto parte dal 1968 con la sua rivoluzione sociale e culturale. Il femminismo, sulla scia del pensiero del filosofo Marcuse, ha spinto per rompere quelli che erano considerati i vincoli repressivi della famiglia e per promuovere il divorzio e l’aborto. In quegli anni si è fatta anche strada l’idea di rimuovere l’oscenità della morte ammettendo la possibilità che in certi casi non solo si potrebbero, ma addirittura si dovrebbero sospendere le cure. Simili idee sono poi confluite nel Manifesto per l’eutanasia del 1974. In questa visione la parola d’ordine è “autodeterminazione” e quindi si recidono i legami relazionali dei quali ha parlato precedentemente Mons. Bresciani. Il 25 luglio 1978 è nata Louise Brown, la prima bambina nata con la “provetta”. Per una coincidenza la nascita avvenne a 10 anni esatti dalla promulgazione dell’enciclica Humanae vitae di Paolo VI che intendeva difendere e promuovere la cultura della vita. La procreazione medicalmente assistita ha prodotto un nuovo modo di concepire la generazione fino ad allora esclusivamente legata all’atto sessuale. Negli ultimi decenni si tende a desiderare la nascita di un figlio a tutti i costi. Secondo i dati disponibili, l’anno scorso sono stati circa 13.000 i bambini nati con procreazione medicalmente assistita. Di questi circa 1500 con fecondazione eterologa (cioè con un “donatore” esterno alla coppia). Solo il 6% degli embrioni “creati” è però venuto alla luce e questo pone un problema etico poiché, come affermato dallo stesso Robert Geoffrey Edwards, inventore della fecondazione in vitrio, l’embrione, avendo un nuovo corredo genetico, è a tutti gli effetti un nuovo individuo diverso rispetto al padre e alla madre. Per quanto riguarda la questione dell’aborto, secondo il Prof. Marchionni non esiste un problema legato agli obiettori. Su 17 ospedali marchigiani sono 14 le strutture che praticano l’interruzione volontaria della gravidanza. Il carico di lavoro aggiuntivo per ogni medico non obiettore è di 1,2 interventi a settimana.
Ha preso infine la parola il Prof. Luciano Eusebi che ha relazionato sul tema Le leggi imperfette della bioetica. Lo studio epistemologico. Secondo il relatore nella società pluralistica la legge rappresenta il filo rosso che costituisce un punto di riferimento per tutti e tuttavia essa non va assolutizzata. Se si tende ad affidare alla legge la tutela di principi morali, però questo non è del tutto corretto poiché c’è diversità fra la legge, sempre imperfetta, e il livello della coscienza. Il problema delle leggi imperfette non si limita solo a quelle che riguardano la bioetica. La questione, secondo il Prof. Eusebi ci invita a riflettere su quale sia il criterio di presenza dei credenti nella società pluralistica. In Italia siamo rimasti illusi dalla presenza di un partito di ispirazione cristiana che era maggioranza relativa. Oggi questa maggioranza non c’è più e la strategia non può essere quella di dire: “Mi occuperò delle questioni quando torneremo a essere maggioranza”. È il Vangelo stesso a dirci che questa non è la strada poiché le immagini che esso ci indica sono quelle granello di senape, del sale e del lievito, cioè di elementi che sono piccoli e non maggioritari e che tuttavia permettono a tutto il resto di svilupparsi. In tal senso, il diritto naturale non vive di vita propria, ma ha bisogno si essere proclamato alla coscienza sociale. Dobbiamo iniziare a pensare che dobbiamo lavorare con quello che c’è non con quello che ci dovrebbe essere. Questa è una forma di carità che tiene presente la situazione reale nella quale gli uomini si trovano. Nell’annuncio di quelli che sono principi etici noi dobbiamo saper utilizzare forme umane per dire il vero, facendo comprendere che non si tratta di una sovrastruttura religiosa, ma di un bene per l’uomo. Per fare un esempio, se ci opponiamo all’aborto affermando la pur sacrosanta verità che la vita è un dono di Dio, gli uomini, specialmente i non credenti, non ci capiranno.
Sul piano legislativo dobbiamo intervenire con interventi buoni su realtà che sono per se stesse cattive. Non si tratta di compromesso al ribasso alla ricerca del male minore. Proprio per questo, ha concluso il relatore, si dovrebbe parlare di “miglior bene possibile”. Sono questi i principi guida che devono ispirare i legislatori che si richiamano alla visione cristiana