“Se tu, formandoti nella Dottrina sociale della Chiesa, non scopri la necessità nel tuo cuore di appartenere a una comunità di discepolato missionario veramente ecclesiale, nella quale puoi vivere l’esperienza di essere amato da Dio, puoi correre il rischio di lanciarti” nelle “sfide del potere, delle strategie, dell’azione efinire, nel migliore dei casi, con un buon posto politico, ma solo, triste e manipolato”, ha avvertito il Pontefice. Ricordando che “Gesù ci invita a essere suoi amici”, il Santo Padre ha evidenziato che “se ci apriamo a questa opportunità”, “potremo guardare la realtà in modo nuovo, potremo vivere con rinnovata passione le sfide nella costruzione del bene comune. Non dimentichiamo che entrare in politica significa scommettere sull’amicizia sociale”.
In America Latina, ha ricordato Francesco, “abbiamo un santo che sa bene queste cose. Un santo che ha saputo vivere la fede come amicizia e impegno con il suo popolo fino a dare la vita per esso”: san Óscar Arnulfo Romero, che invitava i fedeli laici a essere liberi e non schiavi, affinché trovassero le ragioni per le quali vale la pena fare politica a partire dal vangelo, superando le ideologie. “La politica – ha osservato il Papa – non è mera arte di amministrare il potere, le risorse o le crisi. La politica non è mera ricerca di efficacia, strategia e azione organizzata. La politica è una vocazione di servizio, è una diaconia laicale che promuove l’amicizia sociale per la generazione del bene comune”. Solo concependo così la politica, “questa collabora affinché il popolo torni protagonista della sua storia ed evita che le cosiddette ‘classi dirigenti’ credano che sono loro quelle che possono risolvere tutto”. Fare politica, ha ammonito il Pontefice, “non può ridursi a tecniche e risorse umane e capacità di dialogo e persuasione; non serve solo questo. Il politico sta in mezzo al suo popolo” e collabora con gli altri affinché “il popolo, che è sovrano, sia il protagonista della sua storia”.